Home___primopianoAnche a Rimini l’acqua da madre diventa matrigna?

Nel libro di Oreste Delucca il millenario rapporto della città con le sue risorse idriche e le questioni non più rimandabili poste dal cambiamento climatico


Anche a Rimini l’acqua da madre diventa matrigna?


28 Maggio 2023 / Paolo Zaghini

Oreste Delucca
“Madre Acqua. Rimini fra passato ambiente e futuro”
AMIR

In appendice:
Francesco Ermeti – Marco Donati
“Piccoli fiumi sotterranei. Breve storia del sistema fognario riminese”

Pensato e scritto nella stagione della siccità e della penuria complessiva dell’acqua dei mesi scorsi, questo libro di Delucca diventa invece ora un utilissimo strumento per comprendere quello che sta succedendo in Romagna, dopo le alluvioni, conseguenza delle piogge torrenziali della settimana scorsa.

“Questo volume racconta l’evoluzione del rapporto tra la nostra città e le acque che lo bagnano”: così nella Prefazione l’Amministratore Unico di AMIR Alessandro Rapone che ha voluto questa pubblicazione.

“Un primo effetto del riscaldamento climatico consiste nell’aumento della piovosità” – scrive Delucca. “Se la temperatura del Pianeta aumenta, sale anche quella dei mari e degli oceani. Di conseguenza l’acqua marina più calda evapora più velocemente e l’aria si riempie più in fretta di vapore acqueo, con piogge più abbondanti e frequenti. Nel periodo 1950-2010 il ciclo dell’acqua si è intensificato solo del 3%, ma è bastato per quadruplicare le alluvioni in tutto il mondo. Se la temperatura dovesse salire in maniera percepibile, le conseguenze sarebbero drammatiche”. “Alla maggiore piovosità si accompagna poi una maggiore siccità; sono fenomeni apparentemente antitetici, eppure derivano dalla stessa causa: l’evaporazione”.

La conclusione di Delucca è molto pessimista, legando aspetti climatici, demografici, politici: “Tra i possibili futuri scenari non è da scartare nemmeno un evento planetario, tragico: lo scoppio di novelle ‘invasioni barbariche’. Nel terzo e quarto secolo dopo Cristo, l’Impero Romano d’Occidente fu assalito e progressivamente occupato da genti che scendevano a latitudini più temperate, in occasione di una piccola età glaciale, caratterizzata appunto dal raffreddamento climatico. In un vicino domani potrebbe verificarsi una vera e propria invasione verso Settentrione, causata questa volta dal riscaldamento climatico (sempre il clima all’origine!). Non più sparuti gruppetti di infelici che attraversano il Mediterraneo coi loro miseri barchini, ma interi eserciti di popoli che vengono a riprendersi le risorse loro sottratte dalle politiche colonialiste: ‘la collera dei poveri’, dunque, stanchi d’essere sfruttati, decisi a recuperare il maltolto”.

Delucca in questo volume porta a sintesi decine d’anni di ricerche sul territorio riminese compiute in biblioteche, archivi, ma anche sul campo (lungo i fiumi, fra i monti). Da qui nascono i suoi racconti sugli acquedotti romani, sui lavori agli argini dei fiumi del nostro territorio e sugli interventi di modifica del loro tracciato, sulle industrie che hanno avuto nell’acqua il loro “motore” (mulini, conciatori, tintori, ecc.), sui pozzi e le fontane pubbliche, sulla presenza dei lavatoi. Ma anche quelli sul mare: dalle vie marittime alla pesca, dall’attività dei porti alle conseguenze della scoperta del Nuovo Mondo.

Per arrivare alle scelte che, probabilmente, in questi giorni hanno risparmiato i comuni del Riminese dalla tragedia che si è invece avuta nel rimanente territorio della Romagna (un discorso a parte meritano i comuni dell’entroterra collinare piegati dai movimenti franosi registrati sui loro territori). La prima è stata la realizzazione del deviatore del Marecchia realizzato, dopo decenni di chiacchiere, fra il 1927 e il 1938. “Annoso (anzi plurisecolare) problema, quello delle alluvioni provocate dalla fiumana del Marecchia. Le cronache e i resoconti storici a ripetizione riferiscono delle esondazioni che facevano di Rimini un’isola, specie quando l’Ausa concorreva agli straripamenti”.

La seconda è il deviatore dell’Ausa e del Mavone realizzato nel 1946, e la sua tombinatura nel 1969. “Al termine di questo intervento, entrambi i fiumi riminesi sono stati allontanati dal centro storico. In passato, la città era posizionata espressamente tra i due corsi d’acqua, perché garantivano: una difesa naturale dalle invasioni, una abbondante riserva d’acqua, una preziosa fonte d’energia, una utile via di trasporto, anche se presentavano talora il rischio di alluvioni e allagamenti. Con l’andare del tempo i vantaggi hanno finito per scemare e sono rimasti solo gli inconvenienti. Ecco il perché delle deviazioni che hanno portato i due corsi d’acqua lontano dalla città, dotandoli anche di alvei ampi ed atti a reggere le piene”.

Ed il terzo punto, trattato nell’appendice da Ermeti e Donati, è la realizzazione del completamento degli impianti fognari della Città, quello che è stato chiamato PSBO. “Ad oggi il PSBO è in fase d’attuazione. Importanti opere sono finanziate nell’ambito del Servizio idrico integrato da Hera, Romagna Acque ed AMIR. Esattamente 70 anni dopo il primo Progetto di massima del 1953 sta per essere completata la separazione di tutta la zona A di Rimini nord e sono poste le infrastrutture primarie per il completamento della separazione nella zona C di Rimini sud. Altre tematiche sono emergenti negli ultimi anni, prime fra tutte quelle riguardanti il riutilizzo delle acque depurate”.

Infine importante la sottolineatura fatta sull’importanza dell’invaso di Ridracoli per il rifornimento idrico della Romagna. “La sua presenza ha garantito il soddisfacimento delle esigenze idriche della Romagna, anche durante i periodi estivi e i maggiori prelievi legati al turismo ed anche durante il 2022 nonostante la fase eccezionalmente siccitosa”. Delucca ricorda la cronologia di questa realizzazione: “L’idea dell’acquedotto di Romagna, che avrebbe dato luogo alla diga e al lago artificiale, risale ai primi anni sessanta, la progettazione tecnica della diga risale al 1974, i lavori sono iniziati nel 1975 e si sono conclusi nel 1982, l’acquedotto di Ridracoli ha iniziato a fornire acqua dalla fine del 1987”. Tutto questo per ricordare che le grandi opere necessarie ad un territorio, come Ridracoli, non si costruiscono in un giorno. La realizzazione dei progetti del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) rischiano di scontare la tempistica ristretta imposta, tanto più alla luce dell’azione di un governo che sembra incapace di gestire queste operazioni complesse.

Delucca ci invita a guardare al futuro avendo serie preoccupazioni su ciò che potrà succedere: “Ma l’acqua – che in tutte le circostanze risulta una componente fondamentale delle trasformazioni – da fonte di vita e madre generosa, si sta trasformando in una avara matrigna?”. E prosegue: “Ahinoi, come non avvertire il rammarico e il rimorso di appartenere alla generazione che ha prodotto e sta producendo tanti guasti, lasciando una eredità tremenda ai nostri figli e nipoti?”.
Più che mai convinti, con Delucca, che un impegno ecologico serio e condiviso, dai popoli e dagli stati, oggi non sia più rinviabile.

Paolo Zaghini