Home___primopianoIl contadino riminese Pellicioni Luigi mandato a morire a 41 anni in Francia nel 1918

Dalle carte dell'avvocato Ricci riemerege anche la storia di uno dei 650 mila caduti italiani della Grande Guerra, che al fronte nemmeno doveva esserci


Il contadino riminese Pellicioni Luigi mandato a morire a 41 anni in Francia nel 1918


20 Luglio 2023 / Paolo Zaghini

Dagli archivi a volte emergono storie curiose, come questa raccontata in alcuni fogli contenuti nell’archivio privato della famiglia dell’avv. Pietro Ricci (1888-1958) (di cui ho scritto su Chiamamicitta.it qualche settimana fa: “PCI riminese clandestino, affiorano le carte inedite dell’avvocato Ricci”).

Si tratta di una lettera del colono soldato Luigi Pellicioni (8 gennaio 1877-15 luglio 1918) indirizzata al “Pregiatissimo Sig. Padrone” dell’11 novembre 1915 inviata da Verona in cui si raccomanda di fare “coraggio alla mia famiglia” e di una comunicazione del Comando del 90° Reggimento Fanteria ubicato a Sampierdarena (Genova) in data 10 novembre 1919 in cui viene data notizia in maniera ufficiale (oltre un anno dopo!!) alla famiglia della morte del soldato Luigi Pellicioni avvenuta il 15 luglio 1918 in territorio francese “per ferite riportate in combattimento”.

Nella lettera dell’11 novembre Pellicioni scrive che sta bene e “col mangiare danno un buon rangio e ne danno in a bondanza”. “Prego a lei Sig. Padrone di fargli coraggio alla mia famiglia specialmente in questa brutta circostanza sarà una sua gentilezza verso di me e della mia famiglia”. “La riverisco lei e sua famiglia”.

Una prima considerazione da farsi è sul perché dell’arruolamento del soldato Pellicioni a 38 anni, chiamato alle armi nell’estate del 1915, divenuto padre da pochi mesi. Alla Grande Guerra parteciparono se fatti abili alla leva gli italiani di sesso maschile nati tra il 1874 e il 1899.  Al momento della mobilitazione generale nel 1915 (l’Italia aveva dichiarato guerra all’Austria-Ungheria il 24 maggio 1915) quindi, ai soldati già in servizio attivo si aggiunsero i richiamati delle classi 1892 (1. categoria: abile di 1.a categoria: buona salute, genitori viventi, un fratello con più di 12 anni di età al momento della chiamata); 1893 (I e II categoria: abile di 2. categoria: buona salute, figlio unico con padre non ancora entrato nel 65° anno di età, oppure figlio primogenito con fratello di età inferiore ai 12 anni); 1894 (I e II categoria); 1895 (I e II categoria).
Tra i 33 e 39 anni (1-2-3 categoria: abile di 3.a categoria: buona salute, figlio unico orfano di un genitore, oppure un riformato fatto abile per necessità e adibito a lavori sedentari) venivano arruolati tra quelli della Milizia Territoriale.

Dunque il primo quesito riguarda il perché il Pellicioni a 38 anni venne inviato, come scrive nella sua lettera dell’11 novembre 1915, a Verona presso l’80. Fanteria per l’addestramento (“la fanno molto in fretta”) e perché scrive: “Fra due mesi noi di terza si partirà per il fronte, ma io non mi dispero mi faccio coraggio mi rassegno al destino e alla volontà di Dio”.
Purtroppo una risposta a questa domanda non l’abbiamo.

Pellicioni aveva lasciato a casa, in un podere del “padrone” a Rimini sulle sponde del Marecchia (Vergiano?), la moglie Colomba Montanari (nata a Rimini il 27 febbraio 1893) e il figlio Guido (nato a Rimini il 27 febbraio 1915), nato pochi mesi prima dunque del suo arruolamento.
La vedova e il figlio emigrarono a Bologna da Rimini il 31 maggio 1924. E di loro nell’anagrafe riminese non ci sono più notizie.

Abbiamo chiesto al Ministero della Difesa il foglio matricolare di Pellicioni, ma a distanza di diversi mesi non l’abbiamo ancora ottenuto. Questo documento è fondamentale per capire dove il Pellicioni abbia prestato servizio fra la fine del 1915 e l’estate del 1918, prima di trovare la morte in Francia.

Il cimitero militare italiano a Bligny

Nel marzo 1918 fu deciso l’invio sul fronte francese del 2° Corpo d’Armata italiano (al comando del generale Alberico Albricci)  a sostegno delle truppe alleate in Francia.

Dopo la battaglia di Caporetto dell’ottobre-novembre 1917, gli Alleati avevano inviato truppe fresche sul fronte italiano che aveva contribuito a dare tempo al Regio Esercito di riorganizzarsi. Nei primi mesi del 1918, alla vigilia dell’offensiva di primavera, il Regno d’Italia decise di contraccambiare inviando sul fronte occidentale un corpo di spedizione a sostegno dello sforzo alleato. Il Comando supremo militare italiano scelse il II Corpo d’armata di Milano, impegnato precedentemente nelle battaglie dell’Isonzo e in quella del Piave ed allora in riserva per riorganizzarsi, essendo di fatto ridotto a causa delle perdite in battaglia, come organico, ad una brigata. Al comando della grande unità venne confermato il generale Alberico Albricci.

Il generale Alberico Albricci

II Corpo d’Armata italiano inviato in Francia era composto dalla Brigata «Napoli» (75° e 76° reggimento Fanteria), dalla Brigata «Salerno» (89° e 90° reggimento Fanteria) e dal 10° Artiglieria. La 8a Divisione era formata, oltre dal 4° Artiglieria, dalla Brigata «Br​​​escia» (19° e 20° reggimento Fanteria) e dalla Brigata «Alpi» (51° e 52° reggimento Fanteria). Il 27 aprile la divisione era schierata al completo presso il campo di istruzione ed acclimatamento di Mailly-le-Camp.

Nel 1918 la regione ad est di Parigi, la “Champagne-Ardenne”, fu teatro di grandi scontri tra Francia e Germania. Nel luglio 1918 la Battaglia di Bligny (nel dipartimento della Marna) fu il momento di volta della guerra con l’arresto dell’offensiva tedesca. In questa zona vi fu anche l’apporto dato dall’intervento italiano.

La regione della Marna a est di Parigi

Alle 4:00 del 15 luglio 1918 l’Esercito imperiale tedesco lanciò l’attacco che diede inizio alla seconda battaglia della Marna, detta anche Battaglia di Bligny, preceduto fin dalla mezzanotte da un intenso bombardamento anche con gas asfissianti. L’assalto della fanteria germanica, appoggiata da carri armati e lanciafiamme, si abbatté con maggior violenza sul lato occidentale del saliente di Bligny ed in particolare sul settore dell’8ª Divisione, ala sinistra dello schieramento italiano.
Negli aspri combattimenti tra il 15 ed il 23 luglio le truppe di Albricci tennero complessivamente un ottimo comportamento, assolvendo ai propri compiti in continuo coordinamento con i francesi. Riuscirono a bloccare l’offensiva tedesca tendente a conquistare Eparnay, evitando così l’aggiramento di Reims. Il prezzo per gli italiani fu però altissimo: 10.915 uomini tra morti e feriti, quasi un terzo dell’organico del Corpo d’armata.

Lo schieramento italiano nella zona dell’Ardre il 15 luglio 1918

Luigi Pellicioni cadde in combattimento all’inizio dell’attacco tedesco il 15 luglio. Faceva parte del 90. Reggimento Fanteria. Egli è seppellito nel Cimitero Militare Italiano e Parco delle Rimembranze di Bligny in Francia. Il cimitero fu costruito nel 1931 su un’area concessa in uso perpetuo all’Italia. Raccoglie le spoglie mortali di 4.421 soldati italiani (dati Consolato Generale d’Italia – Metz). La maggior parte di questi sono militari del II Corpo d’Armata italiano in Francia del generale Alberico Albricci. E’ il più grande Cimitero militare italiano della Grande Guerra in Francia.

Il cimitero militare italiano a Bligny

Pellicioni è dunque uno dei quasi 700 militari riminesi caduti, sui vari fronti, nel corso della Prima Guerra Mondiale. Fa parte di quei 650.000 militari italiani morti nel conflitto (i feriti furono altri 947.000) sul totale di 5.615.000 giovani italiani arruolati nel corso degli anni di guerra. In gran parte, come Pellicioni, provenienti dal mondo contadino.

A 105 anni dalla sua morte, grazie a questi due documenti ritrovati nell’archivio di Ricci, ci è piaciuto provare di ricostruire la biografia, seppur in modo molto parziale, di uno dei tanti che caddero al servizio della Patria. Non certamente Eroi, ma necessariamente Uomini.

Paolo Zaghini