HomeCulturaLa Rimini ai tempi del Conte Belmonte, piccola e tartassata ma nel pieno della storia


La Rimini ai tempi del Conte Belmonte, piccola e tartassata ma nel pieno della storia


9 Aprile 2018 / Paolo Zaghini

Rosita Copioli, Alberto Silvestro: “Alessandro Belmonte (1757-1838), Ufficiale di Marina dall’Armada Real ai porti dell’Adriatico” – Digitalprint.

Un libro importante questo di Rosita Copioli, eclettica figura intellettuale riminese che ha edito libri di prosa e saggi storici, testi poetici e che presiede l’Associazione internazionale Adolphe Noel des Vergers, e di Alberto Silvestro, ufficiale su navi militari e negli Uffici del Ministero Difesa Marina nonché ricercatore storico. Importante non solo perché restituisce alla memoria cittadina la figura di Alessandro Belmonte (1757-1838), ma per il quadro d’insieme che gli Autori forniscono ai lettori su un periodo storico colmo di straordinari cambiamenti in Europa, in Italia, a Rimini: la fine delle monarchie assolutistiche, la rivoluzione francese, le conquiste napoleoniche, l’avvio del percorso per la costruzione di un’Italia unita. E poi il ruolo della Spagna e della sua Marina, i papi romagnoli sul seggio romano, i governi napoleonici in Italia. Insomma un quadro ampio in cui la famiglia Belmonte, una delle principali famiglie nobiliari riminesi, è pienamente immersa e in cui diversi suoi esponenti sono protagonisti.

Attraverso una ricerca durata anni in archivi riminesi, italiani ed europei gli Autori ricostruiscono la biografia di Alessandro Belmonte: figlio terzogenito, cadetto della famiglia, avviato alla carriera militare nella Marina Pontificia. Due anni dopo essere diventato Cavaliere di Malta (nel 1776), si arruolò nella Marina Reale di Spagna (nel 1778) con la quale partecipò ad importanti spedizioni scientifiche (nello stretto di Magellano e in Patagonia) e militari (l’assedio di Gibilterra nel 1782). Collaborò con Vicente Tofino, contrammiraglio spagnolo, per la redazione dell’”Atlas Maritimo de Espana”, una delle più importanti cartografie marittime redatto dagli spagnoli a seguito delle loro esplorazioni.

Costretto nel 1787 da una grave malattia a rientrare in Italia, partecipò con il fratello Gianmaria alla Repubblica Cisalpina (1797-1799), di cui quest’ultimo fu Ministro. Gianmaria, catturato e deportato dagli Austriaci si suicidò nella deportazione a Pest in Ungheria. Alessandro fu poi attivo nel nuovo Regno d’Italia con l’altro fratello Lodovico e il cognato Daniele Felici Capello che Napoleone nominò Ministro degli Interni. Alla caduta di Murat (1815) si rifugiò in Svizzera con l’amico Pellegrino Rossi, economista, giurista, diplomatico e poi nel 1848 primo Ministro con Papa Pio IX. Comunque fedele allo Stato Pontificio, Belmonte nel 1820 ricevette l’incarico di Ispettore di Sanità Marittima e della Polizia dei Porti dell’Adriatico, che mantenne fino a tarda età. Egli si preoccupò di tutto quanto concerneva quella che egli definì industria di mare: pesca, costruzioni navali, porti, uffici marittimi, traffici. Si preoccupò anche del futuro riservato ai vecchi marinai inabili al lavoro e bisognosi d’assistenza.

Per i fratelli Belmonte l’idea di giustizia è quella che appartiene ad “una aristocrazia illuminata” che “coincide con il ‘bene della cosa’, ossia del Governo e della Nazione; fa parte di un progetto sociale, finalizzato alla costruzione della patria e della comunità cittadina. Per questo ideale patriottico e sociale tutti i membri della famiglia investono e pagano in modo diverso, anche il prezzo della vita”. I tre fratelli Belmonte “furono gli ultimi della loro stirpe. Colti, brillanti, amanti del teatro e dell’arte, erano intrisi della cultura cosmopolita che dovunque accolse a braccia aperte l’esercito di Napoleone illudendosi che il sacrificio iniziale sarebbe stato ripagato dalla liberà. Fu questa in gran parte la loro rovina” .

Quello che emerge dalle pagine del denso volume (quasi 450) sono “i profondi legami della nobiltà emiliano-romagnola, marchigiana e italiana in genere, in relazione con gli incarichi dello Stato Pontificio e le sue più alte gerarchie, fino a quelle con i pontefici o con altri Governi italiani e stranieri, in diverse attività politiche, militari, economiche, culturali, scientifiche e letterarie”.

Ma come sottolinea Rosita Copioli “tra Sette e Ottocento la nobiltà di Rimini avanza verso il suo crepuscolo; le famiglie più antiche si estinguono – come gli Agolanti e i Belmonti -, o si avviano verso una lenta decadenza che è economica e culturale insieme, come i Battaglini e i Diotallevi. Legate tutte tra loro, e con diramazioni soprattutto tra Romagna e Marche, ma anche a Roma, nelle altre città d’Italia e d’Europa, rappresentano tuttavia ancora onorevolmente la loro patria. Loro è la Rimini di Jano Planco (1693-1775), l’erudito medico che fu maestro di Battarra, Bonsi, Garampi, Ganganelli (che lo nominò archiatra pontificio non appena divenne papa, 1769, con il nome di Clemente XIV). Fra loro sono papi, cardinali, alti prelati che primeggiano in vari settori delle scienze umanistiche: Papa Ganganelli di Santarcangelo, che soppresse l’ordine dei Gesuiti il 21 luglio 1773 (senz’altro ispirato anche da un altro romagnolo, lo studioso savignanese Giancristofano Amaduzzi, 1740-1792); papa Giovanni Angelo Braschi di Cesena, che successe a Ganganelli nel 1775 con il nome di Pio VI; i cardinali Francesco Banditi e Giuseppe Garampi, entrambi di Rimini, eletti l’uno nel 1775, l’altro nel 1785. A Giuseppe Garampi, che fu un umanista insigne, bibliofilo e storico eccellente, oltre che un diplomatico fine, furono particolarmente legati l’abate Giovanni Antonio Battarra, studioso di scienze naturali, e spirito originale, e il poeta Aurelio (Severino) de’ Giorgi Bertola (1753-’98)”.

Le figure nobiliari, culturali, ecclesiastiche le cui storie si intrecciano nelle pagine del volume ci restituiscono una Rimini strettamente legata alle vicende politiche e culturali italiane ed europee. Nonostante che la situazione economica cittadina fosse in quei decenni estremamente difficile per il peso delle tassazioni del governo pontificio e dei regni napoleonici.

Belmonte, uomo di mare, riesce a spingere, guardando il futuro, attraverso la figlia Maria (1792-1868), i nipoti Alessandro (1821-1891) e Ruggero (1824-1904) Baldini ad investire su nuove attività legate al mare: nel 1843, cinque anni dopo la sua morte, fondano, con Claudio Tintori (1815-1891) lo Stabilimento Bagni di Mare. Nasceva il futuro di Rimini.

Questa monografia di Alessandro Belmonte esce nella collana di studi intitolata ad Adolphe Noel des Vergers perché della famiglia Belmonte fu l’attuale Villa des Vergers, acquistata dallo studioso francese nel 1843.

Il volume ha centinaia e centinaia di foto, cartine, riproduzioni di documenti. Esso è stato magistralmente curato da Quinto Protti di Digitalprint, che con questo libro inaugura un’attività di edizioni sensibili alla cultura di Rimini.

Paolo Zaghini