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Non c'è nessun record di risorse per la nostra salute ma solo tagli e la spinta inesorabile verso il privato


Oggi per la sanità pubblica dovremmo scioperare tutti


5 Dicembre 2023 / Stefano Cicchetti

Oggi la sanità si ferma. Medici ed infermieri, dirigenti e specializzandi di strutture pubbliche e convenzionate aderiscono allo sciopero di 24 ore proclamato dalle sigle sindacali più importanti del settore. Vengono garantiti i servizi d’urgenza, dai pronto soccorso alle terapie intensive, l’assistenza ai malati oncologici, l’emodialisi. I medici di famiglia non aderiscono allo sciopero. Numerose le manifestazioni previste in molte città italiane. Medici ed infermieri in piazza per dire: “La sanità pubblica non si svende si difende”. Uno sciopero dei lavoratori della sanità per salvare il Servizio Sanitario Nazionale.

Uno sciopero che dovrebbe riguardare tutti. In passato, su temi che riguardano tutti  ci si fermava tutti: sciopero generale.

E cosa c’è di più generale della salute? Abbiamo visto durante gli anni del Covid cosa ha significato un servizio sanitario radicato sul territorio. Abbiamo chiamato eroi quei medici e infermieri. A distanza di pochi mesi ci siamo dimenticati di tutto. Abbiamo un governo che taglia la spesa sanitaria riportandola sotto il 7% rispetto al Pil raggiunto con i governi Conte e Draghi. Aggiungendo ai tagli anche la beffa, proclamando di aver raggiunto il “record asslouto” di risorse per la sanità. Per il 2023 ci sono solo 3 miliardi in più al fondo nazionale per la sanità: una cifra che non rappresenta alcun record. Non in termini assoluti: ci sono stati cinque casi in cui l’aumento di spesa in termini nominali, ossia senza considerare l’impatto dell’inflazione, è stato maggiore, senza contare il periodo del pandemia di Covid-19, che si può però ritenere un’eccezione. Uno di quei casi, fra l’altro, il centrodestra dovrebbe ricordarlo bene, dato che riguardò il governo Berlusconi fra il 2004 e il 2005, quando l’aumento fu di ben 10,8 miliardi. Ma il dato che peggiora ulteriormente se si considera l’inflazione, come deve essere per valutare delle cifre reali. In ogni caso si tratta di una cifra inadeguata, tenendo conto che 2,2 miliardi, più di due terzi, serviranno per il nuovo contratto di lavoro.

Poi il governo ha deciso di “fare cassa” sulle pensioni future dei lavoratori del settore pubblico, medici ed infermieri compresi. Il risultato? Una fuga anticipata al pensionamento di tanti medici e la riduzione ulteriore di personale nelle corsie e nei pronto soccorso.

Non è uno sciopero di una categoria che rivendica condizioni di lavoro migliore e una retribuzione che si avvicini agli altri paesi europei. Certo vi è anche questo. Ma è soprattutto è uno sciopero contro l’impoverimento del servizio sanitario pubblico. Sono tanti gli italiani che si rivolgono alla sanità privata. Sono le fasce più agiate che si possono permettere quei costi. Gli altri cittadini aspettano nelle liste d’attesa in alcune realtà del paese sempre più lunghe. O fanno i salti mortali per pagarsi quelle prestazioni. O, perfino, rinunciano a curarsi.

E a livello locale fanno sorridere, per non dire altro, uscite come quella odierna del consigliere regionale della Lega Matteo Montevecchi. “Intervenire con gli opportuni correttivi alla riorganizzazione regionale della rete emergenza urgenza”, chiede il consigliere fin qui agli onori delle cronache più che altro per gli attacchi a Elena, la sorella della povera Giulia Cecchettin. Accantonando per un momento la sua crociata contro “i satanisti” e il negazionismo sul patrircato, Montevecchi, o chi per lui, con un forbito comunicato oggi chiede “un atto ispettivo” per ottenere “correttivi alla delibera di giunta dello scorso luglio in cui vengono delineate le nuove linee di indirizzo per le Ausl nella riorganizzazione della rete di emergenza urgenza”.  Montevecchi lamenta, soprattutto per i nosocomi di Cattolica e Santarcangelo, “il progressivo impoverimento degli ospedali di prossimità, che già da qualche tempo hanno visto un progressivo impoverimento e ridimensionamento del proprio servizio di emergenza”. Bene bravo bis, avrebbe  commentato un comico d’antan. Ma dov’era Montevecchi quando il suo partito cercava di dimostrare all’Italia tuttta l’eccellenza del modello Lombardia, dove la privatizzazione della sanità è ormai radicalmente affermata?

Ecco perchè questo sciopero dovrebbe coinvolgere tutti, non solo il personale sanitario. Invece di fronte ad una sanità pubblica sempre più “povera” l’opinione pubblica non reagisce. L’opposizione degli aventi diritti si è ridotta, divisa. Non basta la voce delle forze di opposizione ad iniziare dal Pd. Serve anche una presa di coscienza più alta da parte dei cittadini sulla reale posta in gioco.

Stefano Cicchetti