Home___primopianoSì alle pale eoliche, secondo me stanno bene a Rimini come dappertutto

Sorprendentemente divisive a dispetto della loro indubitabile utilità ma io le trovo anche belle


Sì alle pale eoliche, secondo me stanno bene a Rimini come dappertutto


17 Settembre 2023 / Redazione

Forse avrete sentito parlare delle donne giapponesi che si innamorano degli Shinkansen, i treni-proiettile, e li attendono al binario con gli stessi occhi a cuore con cui aspetterebbero un amante. Non c’è da stupirsi: la storia del feticismo, fra legioni di uomini innamorati di scarpe femminili, conta parecchie donne che si sono fidanzate con grandi opere – la torre Eiffel, il Golden Gate, la piramide di Cheope – più solide e spesso anche più sensibili di parecchi partner in carne e ossa. La grandezza e il design imponente e avveniristico possono accendere sentimenti che vanno dalla fiera avversione (la torre Eiffel, a suo tempo, scandalizzò i parigini, che la chiamavano “asparago di ferro”) all’ammirazione, fino alla passione vera e propria. Oppure suscitano emozioni più romantiche e tenere, quasi filiali.

È il caso delle pale eoliche, manufatto sorprendentemente divisivo a dispetto della loro indubitabile utilità. Molti, fra i quali Vittorio Sgarbi, le trovano orrende, un pugno in un occhio e un’offesa a qualunque paesaggio, sia terrestre che marino, e considerano Fai, Wwf e Legambiente dei traditori perché riconoscono l’ecosostenibilità delle pale eoliche e non vanno a combatterle a spadone snudato come don Chisciotte. Ma ci sono altrettanti che le difendono e le apprezzano apertamente non solo per la loro utilità, ancora più evidente dopo il panico energetico causato dalla guerra in Ucraina e l’impazzimento delle bollette, ma anche per una loro eccentrica bellezza, strana e al tempo stesso rassicurante. Io sono fra questi, e un recente viaggio nei paesi dell’Est, dove centinaia di candide pale eoliche spuntavano scenograficamente da stupendi campi di girasoli giallo oro per stagliarsi contro il cielo azzurro, ha rafforzato la mia simpatia. Ma non erano brutte nemmeno quando si affacciavano in mezzo al verde dei boschi o dei prati, come enormi girandole dimenticate da giganti bambini stanchi di giocare.

«Perché tanta gente le odia?», mormoravamo fra compagni di viaggio, dolcemente ipnotizzati dalle loro rotazioni, per domandarci subito dopo cosa ci fosse di tanto più bello nella campagna italiana, rispetto a quella ceca o ungherese, da non poter tollerare l’oltraggio estetico di una pala eolica. Secondo me starebbe bene dappertutto, specialmente se consente un approvvigionamento energetico non inquinante e più economico.

Figurarsi quindi se mi dispiacerebbe vederne una fila in mare, dalla spiaggia, una volta che venisse realizzato il parco eolico di cui si parla da dieci anni e il cui iter singhiozzante, fra discussioni, ricorsi e sortite del ministero dell’Ambiente (l’ultima l’altroieri), rischia di ripercorrere quello del teatro Galli. Una delle obiezioni è che i turisti della Riviera arriccerebbero il naso vedendo quelle pale a ventidue chilometri dalla costa – evidentemente si pensa a un turismo agée, con prevalenza di presbiti, che impossibilitati a mettere a fuoco le belle ragazze o gli aitanti bagnini sotto il loro naso possono vedere nitidamente solo a grandi distanze.

Bè, la mia esperienza di turista in una comitiva agée dimostra che all’utenza over-60 piace vedere le pale eoliche anche durante le vacanze, forse perché è una generazione che ancora crede nel progresso e tiene d’occhio le bollette. Quanto alla clientela più giovane, se quando è in ferie a Rimini non troverà niente di meglio per impiegare il suo tempo che criticare l’impianto eolico, vorrà dire che la capitale dell’intrattenimento estivo è veramente decaduta. Altro che pale.

Lia Celi