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Di cosa parliamo a Rimini quando parliamo di mura


26 Luglio 2017 / Stefano Cicchetti

L’acceso confronto sul Progetto Tiberio ha portato l’attenzione su uno dei patrimoni storici di Rimini di cui si parla meno: le mura malatestiane. Ma si parla, naturalmente, solo di quel tratto di mura interessate dal Progetto. Eppure la città, anche se a prima vista non sembra, è ancora per tre quarti racchiusa fra le sue mura antiche. Qua è la quasi integre, anche se piuttosto ridotte in altezza (a fine ‘800 in alcuni punti raggiungevano ancora i 9 metri). Non ovunque in ottime condizioni.

Ma intanto, com’erano le mura di Rimini? E senza voler rifarne la storia che risale ai Romani, quando hanno iniziato a diventare quello che sono adesso?

L’idea più completa di Rimini nelle sue mura che la fornisce la bella carta conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana, risalente a circa il 1660:

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Le cose stavano così già da almeno due secoli e per altri due non sarebbero mutate gran che. La maggior parte di queste mura risalivano all’epoca malatestiana, soprattutto a quella di Carlo Malatesta, ai primi del ‘400.

I cambiamenti più pesanti arriveranno solo a inizio ‘900. In questa carta del 1882 si vede per l’ultima volta Rimini ancora con la sua cerchia di mura praticamente intatta. Sono spariti i bastioni del Borgo Marina, quelli che proteggevano parzialmente Borgo San Giovanni; il “muro del porto romano”, fosse o no davvero romano e che si protendeva accanto all’Anfiteatro, se n’è caduto da sé. E lo Sferisterio ha cancellato un tratto dei Bastioni Occidentali. Ma il resto è ancora al suo posto.

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Rimini perde un quarto delle sue mura fra il 1907 e il 1929, quando viene attuato il Piano Regolatore del 1906. Una scelta urbanistica di grande peso, sotto ogni aspetto: interviene infatti su quella che per secoli era stata la zona più malfamata della città, attraversata dalla famigerata Contrada Codalunga, per tramutarla in un elegante quartiere di villini residenziali. Operazioni simili, che naturalmente sono anche grossi affari immobiliari, avvengono e sono già avvenuti nella gran parte delle antiche città d’Italia, a cominciare da Roma. Gli abitanti originari, quasi nessuno proprietario, devono andarsene per far posto alla nuova borghesia impiegatizia e delle professioni. Il reticolo stradale che era ancora quello medievale, viene “razionalizzato”. Ecco la parte del Piano Regolatore del 1906 con il nuovo piazzale Clementni, dove traspare anche la situazione preesistente:

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Da allora non sono avvenuti grandissimi cambiamenti. Siamo allora pronti per un giro delle mura di Rimini, così come le vediamo oggi.

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Come tutti avranno riconosciuto, siamo sui Bastioni Occidentali, con le “scalette del Cup”, o “dello Sferisterio”. Qui le mura furono restaurate quando vennero liberate dalla storica concessionaria Fiat Sartini, che le aveva praticamente inglobate.

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Queste non sono mura e nemmeno malatestiane: è quanto resta dello Sferisterio, realizzato ai primi dell’800. Una volta c’era anche uno stemma del Comune di Rimini in pietra, che qualcuno forse acceso di troppo amore per la città ha pensato bene di trafugare.

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Le mura sotto Palazzo Pelliccioni, accanto a Castel Sismondo. Nel dopoguerra si badava al sodo e il garage che dà sulla Circonvallazione ha tutt’ora la sua funzionalità.

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La vecchia stazione di “Rimini – S. Andrea” della ferrovia per Novafeltria non è in splendidissima forma. Da qui in poi non lo sono nemmeno le mura.

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Come si legge nella targa, questo torrione fu consolidato da Amir nel 1994: si nota, eccome, lo stacco fra la parte interessata a quei lavori e il restante.

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Crepe, toppe inguardabili che spesso la generosa vegetazione ricopre pietosamente, le immancabili centraline: siamo sempre sui Bastioni Meridionali.

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Senza più i loro merli e le loro torri a svettare, ma i Bastioni Orientali sono sicuramente il tratto di mura meglio tenuto di Rimini e quello che più piacevolmente si può godere, grazie al Parco Cervi nato dopo la tombinatura dell’Ausa.

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Via Settimia, accanto all’Anfiteatro. Qui più che mura sembrano macerie. Al di là del troncone, l’area ex- Padane, con il grande capannone ricoperto da quel che sembrerebbe Eternit.

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I Bastioni Settentrionali, o quanto ne resta insieme al tratto dell’Anfiteatro, dopo gli interventi del 1907-29. Un conglomerato di rabberciamenti, però l’altezza è ancora notevole.

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Le mura del Borgo San Giuliano è l’altro tratto della cinta sopravvissuto in buona parte. Manca tutta quella occidentale, scomparsa negli anni ’30 con il nuovo tracciato di via Tiberio, però solo qui alcune torri raggiungono ancora l’altezza originaria, anche se senza merli. Sono state consolidate da restauri e le bocche cannoniere sono tutte quasi integre. Lo sarebbero anche i mattoni, se non fosse per il solito “artista”.

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Concludiamo il nostro giro delle mura con Porta Galliana, di cui è stato appena annunciato il recupero: non sarà più interrata.

Ma lasciateci finire con un pizzico di orgoglio di campanile: nonostante tutto, che belle le nostre mura!

Stefano Cicchetti