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Lorenzo Scarponi da Bordonchio: e la poesia dà spettacolo


7 Agosto 2022 / Paolo Zaghini

Lorenzo Scarponi: “Gnént” – Pazzini.

Gli ultimi mesi sono stati pieni di soddisfazioni per Lorenzo Scarponi, classe 1956, attore e poeta dialettale romagnolo. Ma per essere più precisi, visto che Lui ci tiene tanto, di Bordonchio, la frazione campagnola di Bellaria-Igea Marina (si veda la mia recente recensione al volume di Leonardo Neri “San Martino di Bordonchio. Itinerari storici di periferia” (Il Ponte, 2021).

L’uscita di questo suo ultimo libro, “Gnent”, è stato salutato dalla critica con ottime recensioni (a incominciare da quella di Paolo Borghi su “La Ludla” n. 6 di giugno 2022, la rivista dei puristi dialettali romagnoli ravennati). Ha scritto Borghi “quest’ultima raccolta di Scarponi sembra rivolgersi al lettore, affinchè, magari anche da singole strofe, tragga personali motivi di partecipazione e autoanalisi”. Ma su questo tornerò un po’ più avanti.

Scarponi ha vinto nel 2021 il 28° concorso di poesia dialettale “Giustiniano Villa” a San Clemente, il più vecchio concorso di poesia dialettale organizzato in Romagna, con “L’òiba” (L’alba). La sua straordinaria ed entusiasmante partecipazione, assieme a Lidiana Fabbri, il 5 luglio alla Rassegna “Sulle sponde del fiume” al Parco degli Artisti di Vergiano ha fatto sì che la sua poesia “E’ pòst” (La meta), contenuta in “Gnént”, sia finita sul muro del Parco insieme ad altre poesie dei maggiori poeti dialettali romagnoli.

E’ pòst.
Ȯ vést ‘na pavajòta / andàe d in qvà e d in là / la andéva avàenti a scàt / dal vólti, tla vóita / la da ès fadóiga / andàe drét / par duvò ch’u s vréb andàe.

(La meta. Ho visto una farfalla / andare in qua e in là / andava avanti a scatti / a volte, nella vita / deve essere difficile / andare dritto / per dove si vorrebbe andare,)

Insomma questo piccolo funambolo pelato, sempre in movimento, iperattivo, testimonia con il suo duro dialetto bellariese (siamo del resto al centro dell’area del dittongo, dove i poeti santarcangiolesi da decenni hanno fatto scuola) che il “suo mondo in dialetto – come scrive nella presentazione Fabio Bruschi – in cui Lorenzo è nato e cresciuto, non c’è più da molto tempo, ma lui non vagheggia nostalgie, lui è sempre lì, immediato, al presente. E quando il ricordo, inevitabilmente, riaffiora, viene dalla memoria più oscura e duratura, la memoria del corpo”.

Tre sono le questioni del presente che stimolano la riflessione poetica di Scarponi: i muri, i drammi del lavoro e quelli della migrazione. Un uso del dialetto non per un immaginario folcloristico o ridanciano, ma per i tempi presenti, non sempre belli. Ha dichiarato Scarponi: “Nel tempo dello spaesamento la poesia di Gnént è il luogo dell’anima dove ritrovarsi, dove il canto e la bellezza ti consegnano alla vita” (intervista a Scarponi di Marcello Tosi in Corriere di Romagna del 26 maggio 2022).

Dall’incipit di “Viazäe”: “Scróiv dal pujsì / insugné / l’è viazàe d’impartót sénza móvsi / l’è campàe t’un àent mònd / un mònd ch’u n’è e’ tu”.

(Viaggiare. Scrivere delle poesie / sognare / è viaggiare dappertutto senza muoversi / è vivere in un altro mondo / un mondo che non è tuo.”).

Leggendo i suoi testi ci vien da immaginare che sono pensati per un palcoscenico. Del resto Lorenzo è da sempre attore e interprete di monologhi e letture teatrali. Bruschi conclude la presentazione a “Gnént” così: “Non si vede l’ora che Scarponi, attore sempre più padrone dei suoi mezzi, metta in scena questi appunti presi a Bordonchio, sul bordo di un fosso”.

E Davide Pioggia, nella sua postfazione, riferendosi agli influssi dei poeti santarcangiolesi Raffaello Baldini e Tonino Guerra su Scarponi afferma: “di questi grandi autori ha colto soprattutto la vocazione a rivolgersi ad un pubblico concreto, che si può sempre immaginare presente in sala (…). Questa vocazione alla presenza scenica oggi la troviamo particolarmente accentuata in Lorenzo Scarponi, che ha iniziato il suo percorso come attore, e in seguito è passato alla scrittura di poesie e monologhi, avendo sempre presente il pubblico di un teatro”.

La sua produzione poetica è ancora limitata. Questo è solo la sua terza pubblicazione in oltre dieci anni: la prima “L’ultmi soul” venne edita da Capitani nel 2009, la seconda “E’ mi fiour” fu edita da Pazzini nel 2015 ed ora “Gnént”. In questo ultimo Scarponi si distacca dai suoi precedenti lavori e sperimenta nuove direzioni, a incominciare dai brevi inserimenti in italiano che però alludono a un mondo altro, non contiguo al suo.

Ancora Bruschi: “La ‘questione della lingua’, l’annoso tema della morte del dialetto, si stempera in Scarponi tra affetto e ironia: La vén a màench, la finis, la mór, ma quando la nipotina Giorgia gli risponde a tono mè a róid, a róid / la vóita la è bèla / la tu anvòuda la t’arspònd in dialèt” (dalla poesia “La lèngua”).

Il volume si chiude, dopo 42 poesie, con un breve testo in prosa, “E’ canàel”, che trae spunto dagli eterni lavori attorno al Canale Emiliano Romagnolo, attorniati dalle discussioni dei perditempo. Dice Bruschi: “Il brano è un piccolo capolavoro di mimesi sociale e linguistica”.

A chiusura Pioggia: “A prescindere da qualunque altra considerazione, è simpatico e divertente, e quando finisce il suo spettacolo si vorrebbe sempre che durasse ancora un po’”. E vai, Lorenzo!

Paolo Zaghini