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Nel 1988 per far sparire le mucillagini arrivò anche la benedizione del Cardinal Tonini, oggi forse non basterebbe neppure quella


Rimini disarmata contro le fake news


2 Luglio 2023 / Giuliano Bonizzato

Luglio 1988. I turisti abbandonano in massa la Riviera, le prenotazioni vengono revocate, il Comitato di crisi, barricato nell’Ufficio del Presidente dell’A.P.T Piero Leoni, lavora giorno e notte. A quattro giorni dall’inizio del fenomeno mucillagine, con un mare che dalla riva all’estremo orizzonte si è trasformato in una schiumosa cioccolata alla panna, la reazione dei Riminesi è compatta.

Il compianto Presidente dell’Agertur Primo Grassi, dritto su una imbarcazione e inquadrato dalle telecamere, si beve un bicchierone sano d’acqua mucillaginosa per dimostrare che non fa male. L’assessore regionale al Turismo e futuro Sindaco Giuseppe Chicchi, propone la ‘Polizza Alga’, Buoni Vacanza gratuiti per il Turista. Gli albergatori si dotano di giganteschi gommoni-piscina. L’assessore al Turismo Gianluca Spigolon si rivolge a Ditte in grado di costruire ‘macchine aspiranti’ onde salvaguardare almeno la zona di mare destinata alla balneazione. Il cattolichino Ferruccio Ferrari, progettista delle “turbo-soffianti” installate su tutte le vongolare italiane, tenta di utilizzarle, opportunamente modificate, in funzione antimucillagine. Ed ecco che…

Ma qui bisogna lasciare il campo alla fede. Già. Perché Domenica 30 luglio, nel corso di una suggestiva cerimonia, l’indimenticato Vescovo di Ravenna e futuro Cardinale Ersilio Tonini procede alla Solenne Benedizione del Mare Malato del quale viene invocata la guarigione. Il giorno dopo i romagnoli si svegliano come da un brutto sogno. La mucillagine si è dissolta. Scomparsa, volatilizzata.

Torniamo ai giorni d’oggi. Per la prima volta i Riminesi, a fronte di un inizio di stagione assolutamente negativo, non sono in grado di reagire. E la ‘sagra del lamento’, come è stata pittorescamente definita dal nostro Sindaco, non nasce soltanto dalla nostra (da lui giustamente bacchettata) vocazione a sminuirsi e a sminuire. Oggi, infatti, non ci troviamo più a combattere contro qualcosa di tangibile e concreto come ai tempi della mucillagine. Abbiamo di fronte un inafferrabile bieco e sghignazzante fantasma. Un nemico da cui non sai come difenderti. La fake news.

Pensate, Rimini non ha subìto conseguenze dall’alluvione, grazie alla previdenza dei nostri avi che un secolo fa provvidero a deviare il corso del fiume Marecchia. A quattro giorni dal disastro, eliminato rapidamente il legame accumulatosi sul bagnasciuga, i nostri operatori balneari avevano già aperto gli ombrelloni e sistemato i lettini, mentre l’Arpa garantiva l’assoluta balneabilità del nostro mare. Eppure, a questo punto (cattiveria? Paranoia? Invidia?) si è scatenata sui social uno tsunami di balle contro la nostra città che definire spaziali è poco.

La tedesca Bild spara il titolo “Disastro in Romagna, Rimini sott’acqua” corredato da foto che non è di Rimini. C’è chi afferma che per venire a Rimini occorre vaccinarsi contro il tifo, e perfino che vi sono stati casi di amputazione dovuti al colera! E non serve a nulla inviare le corrette informazioni corredate magari con qualche foto che mostri anche la trasparenza del nostro mare e la perfetta organizzazione della spiaggia. Chi lo ha fatto è stato coperto di insulti da migliaia di terrapiattisti e additato al ludibrio generale per aver attentato alla salute dei vacanzieri mettendo in circolazione … fake news!

E figuriamoci cosa succederebbe se qualcuno osasse enunciare sui social la sacrosanta verità che l’acqua, riversata sottocosta da un depuratore che non ha eguali in Europa, ha un numero di colibacilli fecali per millilitro irrisorio in quanto dieci volte al di sotto del minimo previsto dalla normativa Cee!

Morale. Gli operatori turistici riminesi, davanti a una stagione iniziata bene e finita in bianco dopo l’alluvione, si sentono disarmati. Di fronte alla pazzia delle fake news anonime infatti è inutile tirar fuori quegli attributi che li hanno sempre visti vincenti. Forse non resta loro che chiedere al Vescovo di benedire l’etere malato, così come un tempo Monsignor Tonini fece col mare.
Ma l’impresa appare davvero ardua.

Giuliano Bonizzato