HomeTavolaBuona la Rébola, peccato che non la chiamiamo con il suo vero nome

Nei documenti appare fin dal Trecento con la denominazione che corrisponde a quella del dialetto di Rimini: perchè non ripristinarla?


Buona la Rébola, peccato che non la chiamiamo con il suo vero nome


21 Marzo 2023 / Oreste Delucca

Ultimamente si è molto parlato del vino bianco locale chiamato “Rébola”. Peccato che, a dispetto delle sue qualità, si tratti di una denominazione sbiadita ed estranea alle nostre tradizioni.

Il vitigno che lo produce, nell’ambiente rurale riminese era notoriamente chiamato “Ribòla”; ma questo nome era già stato formalmente attribuito al vino di un’altra località, perciò è stato necessario ripiegare su un appellativo diverso.

Poteva essere l’occasione per recuperare una bella ed antica tradizione, ma occorreva possedere una qualche conoscenza storica, purtroppo del tutto assente nel bagaglio culturale di chi ha gestito l’operazione.

Infatti si dà il caso che fin dal 1378 gli Statuti Comunali di Savignano (allora in territorio riminese), esentino da uno specifico dazio i vini denominati “Malvasia, Tribiano, Ruibola vel Grecho”. Tale fattispecie viene ripresa anche negli Statuti quattrocenteschi di San Mauro. Trattandosi di normative fiscali, dal contesto si presume trattarsi di vini locali; però non è assolutamente sicuro.

Ma a questo punto ci viene in aiuto una attestazione del notaio riminese Gaspare Fagnani in data 27 gennaio 1486 riguardante la vendita di “unam petiam vinee partim postitie et partim levate in cannis, constantem ex una tornatoria cum dimidio vel circa, positam in comitatu Arimini, in capella Sancti Fortunati et in fundo Ruibole”, al prezzo di 36 lire. Il rogito, ripetuto in due distinti volumi notarili, fa riferimento ad una vigna in parte novella (postitia) e in parte adulta (sorretta da canne), posta a San Fortunato nel Fondo della Ruibola, così chiamato perché palesemente occupato da quel vitigno.

Dunque fin dal Medioevo il vitigno denominato Ruibòla era sicuramente presente a Rimini; questa denominazione, fra l’altro robusta e bella, sarebbe stato opportuno riprenderla ed utilizzarla per qualificare il vino odierno, restituendogli pure la nobiltà della sua antica origine.

Oreste Delucca