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VIAGGIO NEL TEMPO CON LA CORRIERA CAROLINA


8 Agosto 2016 / Paolo Zaghini

Gino Valeriani – Giancarlo Frisoni “Carolina”. Storie di una corriera e dei suoi personaggi
(La Stamperia)

Un’altra storia “minimale” scritta da Gino Valeriani e Giancarlo Frisoni, arrivati in vent’anni a firmare assieme oltre venti libri dedicati al mondo contadino (nei suoi vari aspetti) della Valconca. Un mondo ben diverso da quello che ormai sembra essere diventata la visione prevalente, ma falsa imposta dalla pubblicità del Mulino Bianco, come sostiene nella sua prefazione Stefano Pivato. Una pubblicità che propone il mito campagnolo di un mondo felice e genuino, dove non esistono affamati e scioperanti, ma solo ruscelli, famiglie felici e abbondanza alimentare.

Scrive Pivato: “In realtà si tratta di una visione distorta del passato. E non solo di quello alimentare. ‘Una volta’ non si mangiava affatto. L’Italia era il paese della fame, dell’indigenza, della povertà. E’ una storia che elimina antagonismi e differenze e propone uno schema favolistico nel quale tutto è messo sullo stesso piano con l’inevitabile lieto fine”.

E allora ben vengano “lavori come quelli di Gino Valeriani e Giancarlo Frisoni del Gruppo di ricerca storica della memoria orale che ci riportano alla realtà. Ci ricordano che il mondo contadino non era Arcadia.

Che, ancora, i conflitti sociali e le disparità nelle campagne c’erano. Eccome. E sono sopravvissuti fino a quando, a partire dagli anni Sessanta del Novecento, il boom economico non ha cancellato il mondo contadino e la sua cultura”.

Il libro non ha un protagonista, perché in realtà i soggetti partecipanti sono tanti: tutti quelli che girano con “Carolina”, la corriera della ditta Bonelli che dal 1921 collegò Rimini con i Comuni dell’entroterra: Rimini, Ospedaletto, Cavallino, Trarivi, Montescudo, Montecolombo, Albereto, S. Maria del Piano, Sasso Feltrio, Mercatino Conca, Montegrimano.

E allora Baccalini, l’autista, è il filo narrante dal 1921 agli anni ’60, quando arriva il momento del suo pensionamento (e contestualmente di quello di “Carolina”). E Baccalini ascolta, mentre è alla guida della corriera, nel corso degli anni i ricordi dei ragazzi che hanno combattuto durante la Prima Guerra Mondiale e la Seconda Guerra Mondiale, le domande curiose che nel 1945 il nuovo maestro Nestore per la pluriclasse di Montescudo pone, gli aggiornamenti sulle tribolazioni amorose di Anna e Ettore.

Ma anche il cambio di generazioni e dei rapporti sociali: “Col passare dei giorni “Carolina” trasporta al piano nuove facce, nuove lotte, nuovi sogni, fatiche diverse. Il fragile tessuto delle colline comincia a sgretolarsi, lentamente scompare il mondo di quelli che non hanno mai protestato e sempre ubbidito”.

Il maestro Nestore riflette sugli approcci educativi migliori per i ragazzi delle campagne: “il primo problema che si è presentato in questa pluriclasse è stata la notevole differenza di partecipazione alla vita scolastica fra i bambini che vivono in paese e quelli delle frazioni più isolate. Quando i campi richiedono anche la loro fatica, la classe si dimezza; questi ragazzini hanno imparato presto a lavorare sodo. Diversi sono ripetenti ed è difficile inserirli in un gruppo omogeneo. Sono notevoli le difficoltà in italiano per l’uso continuo del dialetto. Per il lavoro dei campi la loro lingua è perfetta. Sono detentori di una cultura diversa da quella che tradizionalmente entra nella scuola, ma altrettanto valida e significativa, fatta di antiche tradizioni, di suggestioni, miti, credenze da rispettare e salvaguardare”.

Beppe e Fiorella, proprietari dell’osteria, salgono su “Carolina” per andare in città, vestiti a festa. Ritornano poi sempre con la corriera con un grande scatolone. Sono scesi in città a comprare la prima TV: all’osteria “c’è un via vai continuo. Alle cinque iniziano le trasmissioni per i più piccoli, la sera invece per gli adulti … donne che neanche nei sogni hanno mai visto, al sabato poi, ballerine con delle gambe così lunghe e piene che le mogli non possono lasciar guardare”.

“Carolina” mi dà l’impressione che sia stata la scusa per riannodare tutti i fili delle ricerche e degli studi compiuti negli ultimi trent’anni dai due autori: terminata la festa al maestro Nestore che se ne va, “Carolina” riporta tutti a casa e “saluta con continui colpi di clacson”. Il mondo contadino se ne è andato, ma i ricordi e le testimonianze di quei duri decenni continuano a permeare la memoria di chi da lì viene (ossia ancora la maggioranza degli italiani).

Paolo Zaghini