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Viva la libertà. Di prendersi e far prendere il coronavirus


22 Aprile 2020 / Nando Piccari

Passato il disorientamento dei primi momenti, quando sul coronavirus non sapeva cosa dire e cosa fare, la Lega non ha poi tardato a ritrovare la sua abituale attitudine allo sciacallaggio politico.

Così Salvini, che in precedenza era riuscito solo a far ridere recitando in Tv “L’eterno riposo” insieme alla D’Urso, travestitasi per l’occasione da Suor Barbara, ha potuto finalmente riprendere la sua discesa nei bassifondi della politica, uscendo dai panni del finto devoto che andava in giro recitando: «Non vedo l’ora che la scienza e anche il buon Dio sconfiggano questo mostro. Ci avviciniamo alla Santa Pasqua e occorre la protezione del Cuore Immacolato di Maria».

Limitandosi in realtà a ripetere a pappagallo il testo del pizzino che gli aveva scritto uno di quei ciellini filo-leghisti che, in combutta con i leghisti filo-ciellini, hanno svenduto la sanità pubblica in Lombardia.

La Lega, che fino a ieri urlava “chiudere tutto e subito”, ora è dunque passata a sbraitare “riaprire tutto e subito”, nel cinico intento di strumentalizzare la diffusa e comprensibile “voglia di ricominciare”, aizzando il malcontento con il dare ad intendere che sia già arrivato il tempo di portare il livello delle cautele vicino allo zero. In ciò è seguita dalla Fratella d’Italia Mortiria Meloni, nel suo romanesco stile “sora Lella”, come pure dal confuso cincischiare post-berlusconiano di Tajani e Gelmini.

Se non sorprende che i partiti delle destra utilizzino le inevitabili incertezze economico-produttive del momento per espletare la loro missione di guastatori, sconcerta invece leggere e sapere che, anche qui da noi, un certo numero di individui ha aperto una vertenza – a basso tasso di intelligenza e sensibilità sociale? – per rivendicare, in nome della libertà, il diritto alla passeggiatina un po’ più lunga, con o senza cane, fregandosene della comprovata possibilità di pericolo per sé e soprattutto per gli altri.

Il loro leader è quel patetico personaggio che ha collezionato una caterva di multe nei più diversi “luoghi proibiti”, in omaggio al suo esibizionistico “bisogno di libertà”. Visto che ama tanto “farsi vedere”, sarebbe il caso che uno di questi giorni andasse a “farsi vedere” da chi, per mestiere, aiuta a capire cosa uno abbia in testa.

Ora, è vero che “l’alienazione informatica” che ha oramai abituato molti a scambiare “i social” per l’intero mondo, può portare a credere che da questo giullaresco passatempo sia contagiata chissà quanta gente, a Rimini come in Italia.
Ma se è del tutto normale che qualche abituale “nullatenente mentale”, non necessariamente fascistoide, abbia visto nella pandemia l’ennesimo pretesto per inscenare una bastardata, sorprende che riminesi a modo, solitamente usi a mostrarsi con la testa sulle spalle, facciano il giro dei social a concionare sul “passata è la tempesta, odo augelli far festa…”

Fra costoro sono pure da annoverare i “fighetti finto-proletari” di Paz-Casa Madiba, il cui delirio li porta a scrivere che il controllo sull’azione di contenimento del coronavirus «trasforma ora la spiaggia in un carcere speciale a cielo aperto» e «porta le persone ad essere spie», con «lo scopo di stressare chi è già stressato, di impaurire chi è già impaurito, di spaventarci per convincerci a non uscire».

Di ben altro spessore l’apporto arrecato a tale “battaglia per la libertà” da Roberto Biagini, che forse per il “richiamo balneare” dell’immagine del cretinetti sulla brandina che ha fatto il giro d’Italia, s’è prodotto in una delle dotte “lenzuolate interpretative” che suole dedicare alle “cose di spiaggia”, in primis le concessioni balneari, verso cui nutre oramai una passione superiore perfino a quella per l’Inter, la sua squadra del cuore.

Confesso che già il titolo del trattato di Biagini mi fa una certa impressione: «Per combattere un virus il Governo può limitare le libertà individuali?». Un titolo che andrebbe bene se avessimo a che fare con un virus del tipo raffreddore o giù di lì, non con il Covid-19 che, se affrontato con la citrulla incoscienza di alcuni “fresconi simil-libertari”, sarebbe in grado di decimare la popolazione mondiale.

L’architrave che sorregge il pensiero biaginiano è la stessa che ha appena esposto il truculento leghista Bagnai in Senato, riassumibile in questo piccolo “bignami”: «La tutela del diritto alla salute…, non si ritrova in una posizione di preminenza, non ha un valore assoluto ed incondizionato nel momento in cui deve essere comparato con altri diritti, in particolare con le “libertà personali ed economiche”. Non è scritto da nessuna parte, tanto meno nella Costituzione, che queste ultime debbano necessariamente cedere il passo di fronte al diritto alla salute…». E ancora: «La situazione di pandemia che stiamo vivendo ha suscitato l’idea che possa esistere una scala gerarchica tra i valori libertà-salute a favore di quest’ultima; ma, tale assunto non emerge dalla Carta Fondamentale ne è mai stato sostenuto in nessun dibattito dottrinale….».

Credo di avere una certa dimestichezza con la lingua italiana, sufficiente a farmi cogliere sia il senso esplicito delle parole, sia il sottinteso intendimento di cui esse sono veicolo.

Biagini sostiene dunque che in questa sorta di derby fra libertà e salute, l’articolo 13 della Costituzione (La libertà personale è inviolabile, ecc. ecc.) debba ritenersi sempre e comunque preminente rispetto all’articolo 32 (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività).
Sono d’accordo che solo “di norma” possa essere così, poiché penso che l’elaborato giuridico di Roberto manchi di “un pezzo non da poco”.

Non avendo l’ardire di competere con lui in punta di diritto costituzionale – sarebbe irriguardosa presunzione – me la cavo rilanciandogli tre “indovinelli costituzionali”.

Il primo: Non credi, Roberto, che la “libertà personale” di rifiutare una cura senza che il medico possa importela, sia cosa un po’ diversa dalla “libertà personale” di andare in giro incurante della possibilità di essere uno degli inconsapevoli portatori sani di coronavirus in grado di contagiare gli altri?

Il secondo: Vuoi forse sostenere che, dovendo la “libertà personale” inevitabilmente primeggiare sul “diritto alla salute”, sia allora costituzionalmente consentito ad un fumatore gettare il fumo in faccia perfino ad un malato terminale di cancro ai polmoni, purché naturalmente non in luogo in cui sia vietato fumare?

Terzo: Mettiamo che in questi giorni di pandemia la “libertà personale” di qualcuno si riduca a qualche mini-passeggiata terapeutica attorno casa, con la variabile di una puntatina in farmacia, a ritirare qualcuno dei suoi innumerevoli farmaci quotidiani. E che in questa sua deambulazione si trovi ad un certo punto attorniato da gran un affollamento di individui, ognuno dei quali era uscito di casa chiedendosi: “Ma cosa vogliono da me questi cazzoni? Avrò o no la libertà di andare dove mi pare? Cosa sarà mai, tanto più che sono da solo?

Ecco, mettiamo che uno di quegli idioti sia portatore sano di coronavirus e lo trasmetta al malcapitato, e che questi di lì a poco se ne vada al creatore.

Interpretando il pensiero dei Padri Costituzionali, pensi che in tal modo gli sia stato minato soltanto il “secondario” diritto alla salute, o non anche la principale sua “libertà individuale”: quella di continuare a vivere?

Nando Piccari