Home___primopianoSperiamo che scoprano Fleximan così lo candidiamo alle Europee

In questo Paese ragazzi che per il clima gettano colorante innocuo sono terroristi ma energumeni che sabotano la sicurezza pubblica sono applauditi perfino dal ministro delle Infrastrutture


Speriamo che scoprano Fleximan così lo candidiamo alle Europee


28 Gennaio 2024 / Lia Celi

E così gli italiani, sempre scettici rispetto ai superuomini, specialisti nell’imbrattare l’aura che circonfonde gli eroi, primi al mondo nello spernacchiare chi viene proposto come modello di virtù, abnegazione e coraggio, hanno trovato finalmente un idolo in cui riconoscersi senza riserve. No, non è Jannik Sinner, che venerdì ha battuto meritatamente Nole Djokovic e questa mattina sta affrontando Medved nella finale degli Australian Open (del resto non saprei se è più difficile per l’italiano medio riconoscersi in Sinner perché è un miliardario 23enne tedescofono dall’aspetto scandinavo e con residenza a Montecarlo, o perché è estremamente educato e corretto, sia in campo che fuori). L’eroe incoronato dall’umore popolare è Fleximan, un nome che sembra preso dai vecchi fumetti di Alan Ford e il gruppo Tnt e andrebbe declinato al plurale, perché ormai è un nome collettivo che riunisce i sempre più numerosi Zorro anti-autovelox spuntati in giro per la penisola, armati non di spada ma di flessibile o giratubi. Le imprese che hanno guadagnato a Fleximan la stima e la gratitudine tanto dell’uomo della strada quanto del leone da tastiera (quasi sempre le due categorie coincidono) sono i vandalismi contro gli odiati dispositivi che rilevano i superamenti dei limiti di velocità, subdoli delatori meccanici le cui soffiate si trasformano in multe salate.

Che gli autovelox servano solo a «fare cassa» a vantaggio dei comuni che li occultano in luoghi strategici, come sostengono gli automobilisti sanzionati, è certo; altrettanto certo è che servano a fare meno cassa da morto, diminuendo gli incidenti stradali mortali (dal 20 al 30 per cento in meno, dati alla mano). Anche perché il ricavato delle multe viene sì incassato da regioni, province e comuni, ma viene reimpiegato nella manutenzione e nella sicurezza delle strade e nella tutela degli utenti più deboli, anziani, bambini e disabili.

Se non ci credete potete controllare voi stessi: gli enti pubblici hanno l’obbligo di tenere rendiconti di come vengono spesi i soldi delle multe e di renderli consultabili. Vabbè, chissenefrega: “mors tua, velocitas mea”, come si suol dire. Finché il morto non è tuo parente, guai a chi tenta di soffocare il tuo sacro diritto di pigiare di brutto sull’acceleratore appena esci da una zona abitata. Dove finiscono le case, inizia il circuito di Le Mans, o no?

Le gesta di Fleximan vengono esaltate e immortalate sui social, gli automobilisti sostano per fotografare gli autovelox decapitati sul ciglio della strada e diffondono le immagini a mo’ di trofeo di guerra. Sì, gli stessi che si lamentavano di dover rallentare davanti all’autovelox funzionante, davanti a quello distrutto addirittura si fermano, tutti contenti.

Non cercate una logica perché non c’è, ma se l’obiettivo era ridurre la velocità, in un suo modo contorto Fleximan sta dando una mano. Di certo sta distruggendo beni pubblici, e in modo irrimediabile, tanto che chi lo sostiene e lo incensa potrebbe rischiare una denuncia per apologia di reato.

Senonché questo è il Paese dove i ragazzi che gettano un colorante innocuo su una superficie lavabile per attirare l’attenzione sull’emergenza climatica sono considerati terroristi pericolosi da schiaffare in galera, mentre una banda di energumeni che devastano apparecchi pensati per contribuire alla sicurezza collettiva riceve applausi e solidarietà perfino dal ministro delle Infrastrutture. Che invece di condannare Fleximan, come sarebbe suo dovere, forse ha una mezza idea di candidarlo alle Europee.

Lia Celi

(immagine dalla pagina Facebook NO GREEN PASS)