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Coltellate a Villa Verucchio per il vicino blasfemo

Coltellate a Villa Verucchio per il vicino blasfemo

Fra le tante cose per cui la gente della mia età dovrebbe ringraziare il Signore (qualunque nome gli dia) o la buona sorte, c’è anche quella di non essere degli adolescenti. Non è la storia della volpe e l’uva, davvero: essere giovani nel 2022 è una faticaccia. La società moderna, dove grazie al progresso si possono conservare salute, vigore fisico e perfino sex appeal ben oltre l’età della pensione, ha tolto alla gioventù l’unico vantaggio che la rendeva così preferibile all’età adulta: la leggerezza. Oggi sulle spalle dei ragazzi è appeso un fardello di preoccupazioni, ansie, timori e paturnie di ogni genere. Dentro quel fardello ci sono le paure che gli instilliamo noi adulti, che sono quelle solite (gli incidenti, le droghe, le cattive compagnie, la disoccupazione, eccetera), quelle che apprendono dal mondo dell’informazione (il cambiamento climatico in primis) e quelle, pesantissime, trasmesse dal mondo virtuale in cui passano gran parte del loro tempo: la paura di non essere abbastanza, di non stare facendo le scelte giuste, di essere esclusi da qualcosa di importante, di essere giudicati. Che gli adolescenti ormai siano fasci di nervi lo dimostra anche il recente studio condotto da una Commissione regionale, secondo cui Emilia Romagna otto ragazzi

Se Azzurrina venisse un po' al mare potrebbe far concorrenza a Mercoledì Addams

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L'inziativa del senatore Andrea De Priamo di Fratelli d'Italia

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Vi è piaciuto il panettone che ha chiuso il pranzo di ieri? Considerato che «mangiare il panettone» nel linguaggio popolare significa arrivare tutti interi a Natale, non bisognerebbe essere tanto schizzinosi sulla qualità del panettone stesso, l’importante è riuscire a mangiarlo. Anche perché quando si parla di qualità dei panettoni e dei dolci natalizi in genere si entra in un banco di nebbia – burrosa e dolcissima – in cui è veramente difficile raccapezzarsi. Sulla mia tavola natalizia è stato scartocciato un blasonatissimo panettone extralarge, sfornato da una prestigiosa pasticceria (non riminese) e arrivato con tanto di pedigree pergamenato che attestava la qualità delle uova, la provenienza del burro e l’origine di ogni singolo candito, per non parlare del nobilissimo lievito madre, il Gotha dei lattobacilli e dei saccaromiceti. I commensali hanno addentato la propria fetta a occhi socchiusi, in religioso silenzio, preparandosi a essere trasportati in un’altra dimensione gustativa che gli avrebbe fatto dimenticare le vili pagnotte che fino a quel momento avevano usurpato il glorioso nome di panettone. Dopodiché il vero sforzo è stato mascherare con mugolii entusiastici la delusione di scoprire che non c’era tutta quella differenza col panettonazzo da cinque euro del supermercato. Ci voleva il bambino dei

Dicono che sia una dritta che si passano gli attori quando il copione prevede che scoppino in lacrime: bisogna sforzarsi di pensare alla sinistra italiana. Il pianto sgorga spontaneo, senza bisogno di cipolle o di canfora o di finte accuse di furto di mozziconi di sigaretta, il noto trucchetto che usò Vittorio De Sica per estorcere singhiozzi veri al piccolo Enzo Scaiola in Ladri di biciclette. A tre mesi dal 25 settembre, quella batosta elettorale sembra l’incidente più lieve e accettabile – è la democrazia, bellezza, e comunque non è il risultato peggiore conseguito dai progressisti negli ultimi vent’anni. Ma l'affaire Soumahoro? Che, precisiamo, non è indagato per i reati di cui è accusata la madre della sua compagna; ma è comunque passato da potenziale leader di una sinistra-sinistra che torna alle origini e si rimette a difendere gli oppressi a babbeo frignone che difende il diritto alla moda della sua fidanzata fashionista. Non avevamo ancora finito di elaborare l’eclisse del pasionario dei braccianti, che a Bruxelles scoppia lo scandalo Qatargate, coinvolti per ora sette italiani, fra cui un esponente di Articolo 1 e un eurodeputato Pd. Avrebbero incassato mazzette dagli emiri del Golfo e dai lobbisti del Marocco per addolcire

Il «miracolo di Natale», l’evento inatteso e commovente propiziato dall’atmosfera festiva, è un topos immancabile di questo periodo. In genere si tratta di un atto di generosità, una rappacificazione insperate, una guarigione provvidenziale o una gratifica su cui non si contava più. La cronaca ci insegna che i poteri taumaturgici del Natale si declinano anche in forme meno zuccherose, diciamo pure sgradevoli, ma altrettanto sorprendenti. In questa categoria di anti-miracoli natalizi rientra sicuramente la performance messa a segno dall’ospite quarantenne di un albergo quattro stelle di Marina Centro. Richiesto di lasciare la sua camera, prenotata da altri clienti per il giorno successivo, in un primo tempo ha espresso il suo disappunto con modi calmi e misurati, poi è sceso nella hall e ha distrutto tutto quel che incontrava, dai calici di cristallo del bar all’albero di Natale, a suon di pugni e calci. Dove sta il miracolo di Natale? Nei calci. Perché l’uomo, riferisce il cronista, aveva una gamba sola, essendogli stata l’altra amputata in seguito a un incidente. E la riprovazione per il vandalo, l’inevitabile pietà per la sua menomazione e la solidarietà con i proprietari dell’hotel danneggiato, con il personale e con gli altri ospiti, comprensibilmente scioccati da quell’esplosione di

«Chi li capisce questi giovani?» La tentazione di abbandonarsi a considerazioni da vecchi rimbambiti è irresistibile quando si leggono storie come quella del 21enne riminese arrestato perché usciva dagli arresti domiciliari, che scontava per una rapina, per andare a lavorare in nero come cameriere. E qui noi vegliardi non ci raccapezziamo più: quando ai ragazzi diciamo di alzarsi dal divano e uscire a cercarsi un lavoro (meglio se umile perché fortifica il carattere, come sostiene il ministro dell’Istruzione Valditara), ci mandano a quel paese. Quando è la legge a obbligarli a stare sul divano senza far nulla e a non uscire di casa, allora scappano per andare a servire ai tavoli di un ristorante. Che sia questa la strategia, più efficace dell’abolizione del reddito di cittadinanza, per schiodare i giovani fannulloni dal sofà casalingo e incitarli a tuffarsi nel mercato del lavoro (anche nero, via, il motto del governo Meloni è “non rompete le scatole a chi vuole fare”)? Subito dopo la maturità 2023, si potrebbe decretare la condanna agli arresti domiciliari per tutti i diplomati. Avremmo un’evasione di massa di diciannovenni verso ristoranti, bar e pizzerie e risolveremmo così il problema della carenza di personale negli alberghi per la prossima

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