Enrico è un nobile ungherese del XV Secolo. Il suo sogno è raggiungere Roma per testimoniare la sua fede e quella della sua terra, convertitasi al Cristianesimo. Con i suoi compagni giunge a Rimini, caput viarum. L’Emilia, la Romea, la Flaminia hanno nella città di Sigismondo, inizio e fine. Enrico è provato e stanco, ma non vuole arrendersi. Sceglie la Flaminia Conca, che da Rimini, passando per Coriano, si inerpica per la Pedrosa e porta alla Madonna di Bonora, poi Montefiore, il borgo più bello della Romagna, Urbino, Assisi, per puntare verso la Capitale della Cristianità. Ma il sogno di Enrico finisce a Passano… Ora per tutti coloro che pensano di andare a piedi per la Flaminia Conca, il sogno è proibito. Strade di campagna urbanizzata, sempre più trafficate e sempre più pericolose… Alcuni Sindaci volenterosi in primis Dilvo Polidori, da Saludecio, patria del Santo Amato Ronconi, e l’aitante Filippo Sica, di Montefiore, stanno provando a muovere le acque chete… In Italia tra un sogno e un progetto esecutivo passano almeno 30 anni. Il mo sogno è quello del Beato Enrico. Rurali sempre. Enrico Santini
Nei nostri ristoranti la tagliatella è il piatto forte, diventata, negli ultimi anni, sinonimo della Romagna. Ma oggi non parleremo delle ottime tagliatelle che potete trovare seguendo le indicazioni non marchetta re della “Confraternita”, o le varie scuole di pensiero che abbondano nel nostro Paese, ma dell’universo concettuale della Novella e cosa significhi mettere a tavola (improvvisata) una ventina di persone profondamente innamorate del Borgo. Un giovane cubano, un domenicano (non frate), un marocchino. Non erano ospiti ma borghigiani. Terroncelli, Montefeltrini, una riminese doc di Montecavallo, supportavano l’allegra brigata con un corianese che ha scelto il Borgo nel secolo scorso e non ha nessuna intenzione di mollarlo. Perché il Borgo? Per i valori che sempre hanno caratterizzato l’“enclave” riminese. Più o meno ci conosciamo tutti, la dimensione è ancora quella dove le persone si salutano, si rispettano, si aiutano e dove stare insieme è un piacere condiviso. Se poi ci sono le fotoniche tagliatelle della Novella… Per il vino non c’è problema: secondi a nessuno. Rurali sempre, Enrico Santini
Il requisito principale per scrivere bene di cibo, è un buon appetito. Oggi parliamo, anzi iniziamo a parlare di Piada. Giovanni Pascoli (1855.1912)) il maggiore poeta italiano, romagnolo di San Mauro, la chiama Piada. I rurali, dal Tavollo al Sillaro, la chiamano Piada. Tutto il resto è mercato, mistificazione, banalità, superficialità, mancanza di cultura. Aldo Spallicci (1886-1913) da Bertinoro, il padre della Romagna, nel 1920 diede vita ad una rivista chiamata “La Piè”. Il nome fu preso dalla Piada romagnola fatta d’acqua, sale, farina e cotta sul testo. “Niente di più ‘Romagna’ di questo pane nostro”, così scriveva Aldo, medico e poeta politico Repubblicano, nonché cultore e promotore della identità e delle tradizioni della nostra terra. Della Piada e dintorni parleremo la prossima volta. Adesso la mangiamo perché come diceva Mao, per fare poesia ci vuole lo stomaco pieno. Rurali sempre. Enrico Santini
Ho scritto che alla Caritas si mangia benissimo, e subito qualcuno mi ha bacchettato perché non si può scherzare su certi argomenti. Aggiungo che alla Lollobrigida (ma il riferimento era il cognato della Meloni), ho sempre preferito la Loren, e anche qui gli “amici” sono andati sul pesante. Evidentemente la provocazione è necessaria, doverosa in una torrida estate post alluvione (soldi?). Siamo nelle mani di Figliuolo, un Generale per tutte le stagioni. Ma torniamo a bomba: sono dichiaratamente convintamentte per un monumento a Zanza. Propendo per l’obelisco, simbolo fallico per eccellenza. Un bel Obelisco a Bellariva, fra i ruderi e le memorie di colonie che hanno solo la colpa di essere state costruite in tre mesi, quando i treni non arrivavano in orario e l’uomo della Provvidenza preferiva Riccione, non ancora commissariata, all’anarchica Rimini. Cosa è cambiato? Tutto. E’ l’ironia è diventata un problema, e non un sorriso a fior di labbra. Rurali sempre. Enrico Santini
Il Sangiovese di Coriano nel bicchiere di plastica a 1 euro è una offesa ai produttori, è uno schiaffo all’enologia riminese. Rurali sempre. Enrico Santini
Lessata, al forno, in umido, o fritta, polpa soda e compatta, mantiene la consistenza anche dopo una lunga cottura. Considerato cibo povero per moltissimi anni, è un alimento ricco di amido, vitamine, fibre e minerali. Fonte di potassio, utilissima per la regolazione dei liquidi corporei e per contrastare la pressione alta, ricca di vitamina A, antiossidante, è la regina della cucina rurale. Gustosa e versatile l’hanno riportata i conquistatori spagnoli dall’America del Sud. Pasta bianca per gnocchi e purè, pasta gialla per le fritture a bastoncino (french fries), a lamelle (chips). La migliore delle nostre terre è quella di Montescudo. Non ci sono Santi. Montescudo sta alla patata come il cacio sui maccheroni, il formaggio alle pere, la gatta al lardo, la piada al prosciutto. Nel celebre dipinto di Van Gogh (1853-1890) “I mangiatori di patate”, da ricerche metodiche e puntuali, sembra, ma non è certo, che le patate fossero di Montescudo. Le aveva assaggiate in una taverna di Montecolombo durante il suo tour enogastronomico in Italia, come andava di moda in quei tempi. Il tubero di Montescudo è straordinario, è così buono che non c’è, bisogna prenotarlo l’anno prima e a volte non basta. E’ ormai una leggenda, e
L’unico primato in campo agroalimentare della nostra bellissima provincia è quello dell’olio. Fatto 100 l’extravergine (EVO) in Emilia Romagna, Rimini ne ha più del 70%. Trecentomila ulivi rendono la Valconca e la Valmarecchia due vallate stupende e troppe spesso trascurate, a favore di una costa contenitore obsoleto, di un turistismo batte paurosamente in testa. L’olio prodotto da più di 20 frantoi, (l’oliva non si macina, si frange), è di una qualità fotonica. Quando volete, concedetevi il piacere di una bruschetta con il pane “siapo”, una fetta di toscano va benissimo e farete un desinare strepitoso: pane e olio, poi a piacimento, uno spicchio di aglio e un bicchiere, meglio due, di Sangiovese Superiore. Tornando all’olio delle nostre colline: non fate i micraniosi. Costa un po’ di più di quello delle multinazionali, ma vale. Educate i vostri figli a un piacere che non dimenticheranno. Mio nonno, “Turen” (Salvatore Zangheri della genia dei Brancoùn di Montetauro), era Maestro dell’olio, ed io non posso sbagliare. Rurali sempre. Enrico Santini
La Novella Righetti è la regina della spoja. Sono giorni che non dormo perché i pensieri sono tanti e si sovrappongono creando lo stato ansioso che solo gli artisti, i poeti gli scrittori, i fantasisti conoscono, quando hanno nella mente, l’idea del grande scoop. Partiamo da lei: Novella Rigetti della rurale famiglia dei Gambetta da Coriano. La simpatia, il sorriso, la battuta, l’energia fanno di Novella una preziosa icona. Paolo, il marito di origini Leontine, l’ha portata nel Borgo nel lontano ’77. Due splendide figlie e tre nipoti compongono il quadro di una famiglia cosmopolita. Tutto questo preambolo per arrivare alla conclusione: la spoja della Novella è la migliore al mondo. E siccome Novella è generosa, ci svela il suo segreto. Per un kg. di farina 00 rigorosamente romagnola, occorrono 10 uova ruspanti della Pedrolara, ma anche quelle della Gaiofana possono andar bene. Null’altro. Ma se la spoja viene tirata al bagno 25, Aldo, è ancora meglio, perché la salsedine aiuta a dare consistenza e rugosità alla tagliatella. Provare per credere. Rurali sempre. Enrico Santini