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Ulisse Aldrovandi (Bologna, 11 settembre 1522 – Bologna, 4 maggio 1605) è stato uno dei primi e più grandi naturalisti della storia moderna; fra i suoi meriti, anche quello di aver realizzato uno dei primi musei di storia naturale, nonché il primo Orto botanico felsineo. Uno studioso delle diversità del mondo vivente per la prima volta guardate con un metodo scientifico, osservando la natura "juxta propria principia", senza condizionamenti metafisici o religiosi. Nella seconda metà del Cinquecento, il bolognese si impose come una delle maggiori figure della scienza europea, nonché guida e riferimento per tutti i naturalisti. Fu anche giurista, filosofo e matematico. Ma anche lui, ben prima di Galileo, dovette subire un processo per eresia, che lo costrinse anche ad una pubblica abiura in San Petronio, il 1º settembre 1549. Fu poi prosciolto dal nuovo papa, Giulio III. Ma mentre a Roma attendeva il processo d'appello, aveva approfittato del forzato soggiorno per divenire uno dei massimi esperti di statuaria romana antica. [caption id="attachment_342306" align="aligncenter" width="787"] Ulisse Aldrovandi[/caption] Per condurre le sue ricerche, che spaziavano dalla biologia alla geologia (termine che fu lui stesso a coniare), dalla botanica all'entomologia, Aldrovandi manteneva una fitta corrispondenza con chi condivideva le medesime passioni e lo stesso rigore. Anche a Rimini, che peraltro

Michele Rosa nacque a San Leo nel 1731. A Rimini, dove fu mandato in tenera età, compì i suoi primi studi. Fu poi accolto alla scuola di Giovanni Bianchi (Iano Planco), che gli insegnò geometria, fisica, scienze naturali e anatomia. Nel 1754 si iscrisse alla facoltà di Medicina dell'Università di Bologna; si addottorò a Padova nel 1757. Fresco di laurea, esercitò a Venezia, a Roma e di nuovo a Venezia: qui, nel 1766, diede alle stampe il Saggio di osservazioni cliniche, un lavoro d'avanguardia che gli fruttò la notorietà e gli valse una cattedra all'Università di Pavia, concessagli da Maria Teresa d'Austria. il duca Francesco III lo chiamò successivamente all'Università di Modena; nella città estense fu eletto presidente del collegio medico e dettò il regolamento della polizia sanitaria. [caption id="attachment_58902" align="aligncenter" width="1252"] "Anatomia del corpo humano" di Juan Valverde de Amusco (Roma, 1559)[/caption] Nel 1783 pubblicò le Lettere sopra alcune curiosità fisiologiche. Scrisse - oltre che di fisiologia, epidemiologia e igiene pubblica - di scienze naturali, di antiquaria e di alimentazione; spiccano per dottrina, originalità e affabilità di scrittura le memorie Delle porpore e delle materie vestiarie presso gli antichi (1786) e Della ghianda e della quercia (1801). Nel 1796 tornò a Rimini,

Sembra incredibile che uno dei luoghi più derelitti - una cava di ghiaia - in una della valli più appartate - quella del fiume Uso - sia, o sia stato, uno degli scrigni più antichi della civiltà nel nostro territorio. Incredibile, se non fossimo in Italia, dove sappiamo quanto ogni pietra possa raccontare. O dovremmo saperlo. [caption id="attachment_58948" align="aligncenter" width="668"] La cava di Ripa Calbana[/caption] Ripa Calbana oggi è appunto una cava nella valle dell'Uso. Il colle aguzzo perde man mano il suo fianco rivolto al fiume. Nel 1981 l'area archeologica fu sottoposta a vincolo, ma una sua parte era stata ormai compromessa dalle attività estrattive. [caption id="attachment_58949" align="aligncenter" width="678"] Ripa Calbana in foto aeree del 1937 e del 2007[/caption] Su quel versante tremila anni fa esisteva un villaggio dell'Età del Bronzo. Un abitato "proto-villanoviano", cioè precedente ai primissimi Etruschi, apparentemente analogo a quelli ritrovati fra Chiusi e Cetona, a sud ovest del Trasimeno. Fu scoperto da don Francesco Renzi a fine '800 e poi studiato anche da Mario Zuffa. Alcuni reperti degli scavi si possono vedere nel Museo "Renzi" di S. Giovanni in Galilea. Sono armi, gioielli, ceramiche, attrezzi per la filatura. Le ricerche misero in evidenza fondi di capanna con grandi focolari, resti di intonaci, pali, rudimentali pavimentazioni, resti alimentari,

Secondo Cesare Clementini accadde il 27 settembre. Ma per Luigi Tonini, poi seguito dagli storici moderni la data è da correggere al 28 settembre 1228. Sia come sia, quel giorno, davanti al Consiglio del Comune di Rimini si presentarono Buonconte da Montefeltro, in rappresentanza anche del fratello Taddeo, e Rainerio di Carpegna, per giurare la cittadinanza riminese nella mani del podestà Guglielmo Amati.  Il "cittadinatico" era un patto frequente in questo periodo del medio evo. In sostanza si trattava di un'alleanza militare alla pari, piuttosto che una sottomissione. Firmando il patto, il Comune riconosceva come i suoi cittadini (e di riguardo: boni homines) personaggi che non erano nati fra le sue mura e si impegnava a difenderli insieme ai loro beni. L'alleanza implicava anche quella con i rispettivi "amici" e quindi l'obbligo di non aggredirli; come per i rispettivi nemici c'era l'impegno a combatterli. In cambio, i nuovi cittadini avrebbero fatto lo stesso con il Comune. I Conti di Carpegna e di Montefeltro venivano esentati da tasse, dazi e collette riminesi e non erano obbligati ad abitare in città, se non in tempo di guerra e se richiesti dal Consiglio. Spesso queste alleanze erano mirate contro un avversario comune, che in questo caso era Urbino. E potevano avere delle clausole e delle

Il 25 settembre 1983 al teatro "Novelli" di Rimini viene proiettato in anteprima assoluta "E la nave va" di Federico Fellini, alla presenza dello stesso regista, di Giulietta Masina e di Tonino Guerra, co-autore della sceneggiatura. I testi delle opere liriche cantate nel film sono del poeta Andrea Zanzotto. Il personaggio della Principessa Lherimia è interpretato alla ballerina e coreografa tedesca Pina Bausch. Il semiologo Paolo Fabbri definirà quella proiezione "memorabile".  La trama: nel 1914: il piroscafo "Gloria N." salpa dal molo n. 10 di un non meglio definito porto di Napoli con a bordo le ceneri della "divina" cantante lirica Edmea Tetua. Meta della crociera: l'isoletta di Erimo nel Mar Egeo, nelle cui acque - per ottemperare alle ultime volontà del soprano - le ceneri dovranno essere sparse. A bordo della nave, celebrità varie, nobili e amici della defunta artista, descritti con un'ironia comprensiva e impietosa al tempo stesso dal giornalista Orlando, a bordo per redigere una cronaca dell'evento. A bordo è presente persino un rinoceronte, ammalato di tristezza d'amore, che saltuariamente viene visitato dai passeggeri. Il corso della Storia irrompe però con forza: a Sarajevo il granduca Ferdinando è ucciso e scoppia la Prima guerra mondiale; contemporaneamente, il comandante della nave si trova costretto a

Nato a Rimini il 24 settembre 1967,  Igor Protti è più precisamente di S. Ermete, nel territorio di Santarcangelo. Igor debutta a soli 16 anni in Serie C1 nel Rimini, il 27 maggio 1984. Non ancora diciottenne passa al Livorno, dove resta tre stagioni. Dopo una breve parentesi in prestito alla Virescit Bergamo viene acquistato dal Messina, con il quale esordisce in Serie B, segnando 31 gol in tre anni. Nel 1992 passa al Bari: dopo due stagioni fra i cadetti, è promosso con i pugliesi in Serie A. Nella stagione 1994-1995 appare per la prima volta fra i marcatori di Serie A con una doppietta ai danni del Genoa. Nel corso della stagione successiva raggiunge 24 gol che gli valgono, assieme a Giuseppe Signori, il titolo di capocannoniere di Serie A; segna anche doppiette contro l'Inter, l'Atalanta e la Cremonese. Tuttavia i suoi gol non bastano a salvare il Bari (mai nella storia del campionato italiano di Serie A un capocannoniere era appartenuto a una squadra retrocessa), che sarà costretto a cedere proprio alla Lazio il calciatore per 7 miliardi di lire, dopo essere sfumato un contratto con l'Inter. Con i biancocelesti segna 7 gol, poi passa al Napoli; nel 1998 torna alla Lazio

Il 23 settembre 1845 Luigi Carlo Farini (nell'immagine in apertura) pubblica quello che passerà alla storia come "Il Manifesto di Rimini". E' un lungo documento che ricostruisce la grave situazione della Romagna durante gli ultimi anni di governo della Chiesa ed è rivolto al pontefice, ai sovrani e ministri di Austria, Francia, Inghilterra, Rucssia e Prussia, oltre che a tutti gli italiani. Il Manifesto di Rimini si conclude con queste 12 richieste a Papa Gregorio XVI: 1° - Che conceda piena e generale amnistia a tutti i condannati politici dall'anno 1821 a questo giorno. 2° - Che ci dia codici civili e criminali modellati su quelli degli altri popoli civili d'Europa, i quali consacrano la pubblicità dei dibattimenti, la istituzione dei giurati, l'abolizione della confisca e quella della pena di morte per le colpe di lesa maestà. 3° - Che il tribunale del Santo Officio non eserciti nessuna autorità sui laici, né su questi abbiano giurisdizione i tribunali ecclesiastici. 4° - Che le cause politiche siano quindi d'ora innanzi condotte e punite dai tribunali ordinari giudicanti colle regole comuni. 5° - Che i consigli municipali siano eletti liberamente dai cittadini ed approvati dal sovrano; che questi elegga i consigli provinciali fra

Il re di Napoli Roberto d'Angiò detto "il saggio" in teoria avrebbe dovuto essere il leader assoluto della Parte Guelfa in Italia. Nipote di quel Carlo I che aveva abbattuto la potenza della casa sveva degli Hohenstaufen, umiliato l'impero e disperso i Ghibellini, lui stesso si era opposto agli Aragonesi, agli ultimi sussulti ghibellini a seguito delle calate in Italia degli imperatori Arrigo VII e Ludovico il Bavaro. E invece l'Angioino aveva convocato a Genova sia Guelfi che Ghibellini per spiegare a tutti che ormai queste etichette non avevano più senso. L'impero era fuori dai giochi, era evidente per tutti. E il Papa se ne stava ad Avignone. E allora, che l'Italia si governasse da se. O meglio: ciascuna potenza grande o piccola, guelfa o ghibellina, poteva benissimo cavarsela senza dover nulla nè a un pontefice francese nè a un imperatore tedesco. Se poi c'erano questioni da regolare, nella peggiore delle ipotesi ci poteva anche scappare una guerricciola. Ma intanto era interesse di tutti liberarsi di chi arrivava da fuori solo per drenare ricchezze non sue. [caption id="attachment_472338" align="aligncenter" width="800"] L'Italia si inchina a Roberto d'Angiò (Miniatura attribuita a Convenevole da Prato - British Library, Londra)[/caption] In quel momento, per essere più

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