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Il titolo per l’intrigo politico-familiar-sentimental-economico made in Cinquestelle è già pronto: House of Sarts. Interrotta House of Cards causa licenziamento del protagonista e scarso carisma della co-protagonista la fiction americana sulle macchinazioni all’ombra della Casa Bianca, possiamo consolarci con le rocambolesche, piccanti e un po’ patetiche vicende della nostra Giulia Sarti, la cui parabola è, o meglio, sembra (niente è definitivo nella politica italiana) arrivata al capitolo finale. Delle peripezie della «deputata di Rimini» avevamo già parlato quando a doversi discolpare era l’ex fidanzato, Bogdan Tibusche, accusato di essersi intascato a sua insaputa i contributi dovuti al partito. Mancava ancora la parte pirandelliana, in cui entrambi i protagonisti della storia si smentiscono a vicenda, e una fidanzata clandestina viene fatta passare per un tumore al cervello, o viceversa, ancora non si capisce, ma speriamo che sia vera la ipotesi perché è meglio essere bugiardi che avere un brutto male. In pratica, se ho ben capito, Tibusche, per spiegare che fine avevano fatto i soldi, avrebbe finto di aver nascosto a Giulia una grave malattia bisognosa di cure costose all’estero, con medicinali sperimentali carissimi da comprare sottobanco, mentre in realtà distraeva i fondi verso una seconda signorina che condivideva i suoi favori. E

«Vi metto la stricnina nella minestra!»: così minacciava i congiunti la matriarca di Amarcord. Senza sapere di evocare uno dei più antichi e tradizionali mediatori familiari nella storia sociale italiana: il veleno. Per secoli e secoli molte vertenze fra le mura domestiche si sono risolte così, soprattutto per mano femminile, e visto che tanti maschi in famiglia non vogliono archiviare la tradizione dell’uxoricidio a base di percosse, pistolettate e incendi dolosi, forse qualcuno, anzi, qualcuna, si domanda se non è il caso di rispolverare anche l’altra metà del cielo (nero) del coniugicidio, l’avvelenamento. E si risponde di sì, come la signora di Imola che durante le ultime feste natalizie ha regalato al marito in via di separazione un’appetitosa crostata corretta alla belladonna, un’erba potenzialmente tossica, e in dose letale. Sarà che le marmellate non sono più dolci come una volta, sarà che a Natale ci sono già panettone e pandoro, il marito, dopo il primo boccone, ha lasciato perdere, ma quel che ha ingerito è bastato a mandarlo all’ospedale, dove se l’è cavata per miracolo. La belladonna contiene un’alcaloide, l’atropina (dal nome della Parca che mozzava il filo delle vite mortali), che “fa diventare gli uomini pazzi furiosi e a volte li addormenta fino

L’agnizione è un tema così vecchio e abusato nella letteratura occidentale che nessun cineasta, nessuno scrittore, ma che dico, nemmeno uno sceneggiatore di soap tipo Un posto al sole si sognerebbe più di usarlo. Eppure il riconoscimento di figli abbandonati alla nascita, il ritrovamento di congiunti che si credevano perduti da decenni è stato per millenni la benzina della letteratura, della fiaba e soprattutto del teatro. Il mendicante in realtà è il legittimo re cacciato dal fratello usurpatore. La schiava di cui è innamorato il giovane ricco è in realtà sua sorella rapita in fasce dai pirati. La bellissima donna che ronza intorno al giovane sposo è in realtà la madre naturale. E così via, colpo di scena dopo colpo di scena, finché cala il sipario fra lacrime di commozione. Uno dice: cose che potevano succedere nelle società antiche, quando i figli scomodi venivano esposti, donne e bambini erano prede di guerra e soprattutto non esistevano i documenti come li conosciamo noi, e ci si riconosceva con monete spezzate, medaglioni o con qualche vecchia balia con un’ottima memoria visiva per le cicatrici, come Euriclea nell’Odissea. Uno pensa: se oggi un parente svanisce e non si fa più vedere per trent’anni, o è

Quando ho letto la notizia mi sono stropicciata gli occhi. Ho riletto meglio. Sì, non mi ero sbagliata. Amazon arriva a Santarcangelo. Non nel senso di pacchi col nastro nero e azzurro, quelli arrivano dappertutto, a Santarcangelo come a Katmandù, a Buenos Aires come a Pietracuta. Nel senso che a Santarcangelo avrà un magazzino, insomma, di una sede, una di quelle immense caverne da Ali Babà (no, quello è il rivale di Amazon), insomma, di quelle cattedrali laiche piene di ogni ben di dio con dentro omini e donnine con stipendi non favolosi che corrono dappertutto con al polso un bracciale che fa bip bip, e da cui vengono spediti ogni minuto gli oggetti più vari, dalla lavatrice agli elastici per capelli, dall’orsacchiotto al sex-toy. Capperi. Amazon, il colosso dell’e-commerce, quello dei droni, di Prime, del Dash Button! L’azienda di Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo quello che possiede anche il Washington Post e adesso sta litigando con Trump per una storia di foto rubate, ha scelto Santarcangelo. Quella della fiera dei becchi, della pizzeria Rustica, del 9 che arriva sempre in ritardo. Se anziché aspettarlo il bus lo ordinassimo con Amazon, arriverebbe prima. Il contrasto è stridente: da una parte

Non è ancora entrato in vigore, ma il Reddito di cittadinanza ha già dato origine a un ricco filone di frizzi, lazzi e leggende metropolitane, diventando in un battibaleno un tema classico dell’umorismo all’italiana, come i carabinieri, la mosca nella minestra e le donne al volante. Ma al di là delle facili spiritosaggini, di matrice anti-grillina e non solo, di spunti da commedia fondati ce ne sono parecchi. Se escludiamo una congiunzione astrale Venere-Marte che aumenta la conflittualità nel talamo nuziale a prescindere dai segni zodiacali e dal colore politico, l’aumento delle domande di separazione fra le coppie riminesi senza figli dopo l’approvazione della legge sul Rdc (il trend di gennaio fa pensare che entro l’anno si arriverà a un raddoppio secco rispetto alle separazioni del 2018) è più che sospetto, come pure l’incremento dei cambi di residenza. I single sono privilegiati nell’assegnazione del sussidio fortemente voluto dai pentastellati, e con questi chiari di luna, in attesa del boom economico annunciato da Di Maio e del secondo semestre 2019 «bellissimo» vaticinato da Conte, ce n’è abbastanza per simulare una rottura. Finora lo si è fatto gratis, anzi, perdendoci pure dei soldi, figuriamoci se non lo si può fare per 780 euro al mese,

La famosa canzoncina inglese, che ha dato il nome a un altrettanto famoso giallo di Agatha Christie, parla di tre topolini ciechi inseguiti dalla moglie del contadino armata di coltello. Questo forse spiega l’interesse suscitato oltre Manica dall’incredibile invasione di topi a Cesena, per la precisione nella frazione di Gattolino – la realtà che oggi ci propina tante tragedie ogni tanto si rilassa e ci regala un filo di tenero umorismo da libro per bambini – e finita addirittura sul Guardian. Del resto cosa c’è di più tenero di un topolino bianco, ben diverso dalle pantegane grigie e unte che sgusciano dai pertugi di immobili degradati (tipo quello di fronte a casa mia, di cui ho riferito qualche mese fa). Ma la tenerezza ispirata dai topolini bianchi è inversamente proporzionale al loro numero. Se vedi un topolino bianco dici «ma che amore», già con due topolini sei meno entusiasta, con dieci sei salito sulla sedia, dai venti in su hai la faccia dell’antiquario Kazanian nella famosa scena di Inferno di Dario Argento. E in effetti le immagini di topi spiaccicati sull’asfalto illuminati dai fari delle auto sono da film horror, e ci si chiede, con un brivido nella schiena, cosa deve provare

Ormai siamo abituati a prenotare tutto, dall’hotel delle vacanze ai biglietti per i concerti passando per il tavolo al ristorante e i libri scolastici. Prenotiamo anche cose meno gradevoli, come le visite e gli esami diagnostici. Quel che proprio non riusciamo a prenotare è l’alloggio dove riposeremo al termine dell’unico viaggio che nessuno di noi potrà mai disdire. E siccome, in un’epoca di invecchiamento della popolazione, i posti in questo particolare settore dell’ospitalità vanno via come il pane, si creano situazioni come quella in corso a Pennabilli, dove nei cimiteri non si trova quasi più un posto libero. Dalla pagina Facebook del comune il sindaco continua a invitare i cittadini a farsi vivi (finché possono) per «fermare» i pochi posti-bara rimasti o chiederne di nuovi, in modo da creare una domanda sufficiente da giustificare la costruzione di nuovi loculi. Ma, a quanto pare, l’appello cade nel vuoto. Nessuno ha voglia di predisporre da vivo la sua ultima sistemazione, per assicurarsi di poter dormire il sonno eterno vicino ai membri defunti della sua famiglia, e anche di non complicare troppo la vita ai membri viventi. Che, quando il triste momento arriverà, il più tardi possibile, dovranno asciugarsi in fretta le lacrime e affannarsi a trovare

Non ho mai rubato niente in un negozio, nemmeno da ragazzina quando i soldi in tasca erano pochi. Non so se c’entrava più l’etica o la paura, anzi, la certezza che la mia goffaggine mi avrebbe tradita e sarei stata beccata (anche a scuola, del resto, ero pessima sia come copiona che come passatrice di bigliettini). Ricordo il mio stupore quando un’amica, all’uscita dal grande magazzino in cui avevamo fatto un giro, tirò fuori di tasca un rossetto. «L’ho rubato» mi disse tranquillamente, come se ci fosse abituata, la piccola bravata del sabato pomeriggio per una ragazza che non aveva certamente problemi di soldi – forse di mancanza d’affetto o di attenzione. (Le mie ex compagne del liceo Giulio Cesare sono estranee ai fatti: l’episodio è successo quando ancora non abitavo a Rimini.) E così quando leggo notizie su donne più o meno giovani pizzicate alle Befane con merce rubata addosso – è successo pochi giorni fa a due ragazze - mi faccio delle domande. Era la prima volta o sono habituées del taccheggio? Hanno avuto un raptus oppure avevano pianificato il blitz? E vale la pena farlo in tempo di saldi, quando la roba costa poco? Conveniva di più osare quando era

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