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Il Corriere Livornese del 18 gennaio 1849 riporta: "La Repubblica di San Marino si vuole che deliberasse d' inviare una colonna di 200 militi col nome di Coorte Titana in aiuto della nascente Repubblica romana".  Il fatto, la cui veridicità è stata anche messa in dubbio, è annutato dal marchese Luigi Lancellotti nel suo "Diario della rivoluzione di Roma dal 1 Novembre 1848 al 31 luglio 1849" ed è così riportato da Gaetano Valeriani nela sua "Storia della Repubblica Romana: tutta corredata di autentici Ducumenti" pubbicata in due volumi già nel 1850: "Una scena intanto, che aveva più del beraesco che altro, avveniva circa la Repubblica di S. Marino ed il Governo in Roma. Quella, con plebiscito del 23 dicembre, inviava in Roma due Rappresentanti plenipotenziarj, e offeriva 200 armati in ajuto delle libere Istituzioni, quali assumevano il titolo di Coorte Titana. E intanto in Piazza de' SS. Apostoli s'inalberava la bandiera di quella Repubblica". "Poche parole dobbiamo spendere circa questo fatto. Il popolo di S. Marino, da tanti secoli, per sue politiche istituzioni, come separato affatto dal resto d'Italia, abita le altissime sue vette del monte Titano, nel Ducato di Urbino, e, vivendo nelle sue stre ttezze, nulla sa di quanto avvenga altrove.

il 17 gennaio 1920 esce a Rimini il primo numero di "Sorgiamo!,  settimanale dell'Unione anarchica emiliana romagnola. Risultano gerenti della pubblicazione: Ciro Musiani, Virgilio Sambi, Amilcare Gamberini, Giuseppe Tonini.  Il 1° novembre 1922, dopo il 18° numero, il periodico sarà sospeso per una prima volta dall'autorità; poi di nuovo e definitivamente chiuso il 6 gennaio 1923. La testata sopravviverà, con larga diffusione, fra gli emigrati italiani, soprattutto in Argentina. Di Ciro Musiani, i rapporti della polizia dicono: "Verniciatore, figlio di Oreste, nasce a Rimini nel 1889. Anarchico, pericoloso di III categoria, diffidato politico". Il suo fascicolo continua ad arricchirsi fino al 1943. Musiani era nato il 27 dicembre 1889 da Oreste e Angela Tarassi. Aderisce al movimento anarchico in giovane età. Le fonti di polizia lo descrivono calmo di carattere e discretamente educato, molto serio negli impegni di lavoro. Fin dalla sua assunzione nelle ferrovie a Rimini come verniciatore, vive tutte le lotte della categoria. Nel 1915 è arruolato col grado di caporale maggiore, ma il 14 settembre 1916 incorre nel reato di sottrazione di armi. Sei giorni dopo il Tribunale Militare di Genova (VII corpo d’armata in zona di guerra), lo condanna a 4 anni di carcere. All’atto del congedo dal servizio militare, il 2 luglio 1919,

La notte fra il 16 e 17 gennaio 1929 viene ancora ricordata con sgomento da tutta la marineria romagnola. Nell'anno del "nevone", durante uno dei peggiori inverni del secolo, quella notte si scatenò un violento e quanto improvviso fortunale che colse alla sprovvista numerosi pescherecci usciti al largo e alcuni andarono a picco. Il bilancio fu terribile: nove morti fra i marinai di Bellaria affondati con il trabaccolo "Seconda" (detto "la Titona"), cinque fra quelli di Riccione che erano sul motopeschereccio "Bruna". Alla fine dello stesso maledetto 1929 fece naufragio il trabaccolo cattolichino “Wilson” e morirono altri quattro marinai. La tragedia della "Bruna" è stata rievocata nel 2020 a Riccione. Ma come andarono le cose? Un racconto del dramma si può leggere in “Riccione un rotta nel vento 1923-1943”, di Dante Tosi, basato sull’Archivio storico del Comune di Riccione, (Atti del podestà, 18 gennaio 1929): “L’anno 1929 sarà ricordato come l’inizio della grande crisi economica mondiale che sconvolse la vita dei popoli. sarà ricordato, qui da noi, come l’anno del nevone, del grande freddo, devastante e protratto, che mise in ginocchio la misera economia locale, sottoponendo la popolazione a privazioni e malattie che non trovavano confronti a memoria d’uomo. Il naufragio della Bruna,

Il 17 gennaio le Chiese occidentali commemorano uno dei Santi più venerati della cristianità: Sant'Antonio Abate, detto anche Sant'Antonio il Grande, Sant'Antonio d'Egitto, Sant'Antonio del Fuoco, Sant'Antonio del Deserto, Sant'Antonio l'Anacoreta (Coma d'Egitto, 251 circa – deserto della Tebaide, 17 gennaio 356). In Oriente la sua festa è il 31 gennaio. [caption id="attachment_130183" align="aligncenter" width="797"] Aghios Abba Antoni in un'icona ortodossa[/caption] Fondatore del monachesimo e primo Abate (dall'aramaico abbas, "padre"), è patrono di macellai, salumieri, canestrai e soprattutto animali domestici. E' invocato per guarire l'herpes zoster, il "Fuoco di S. Antonio". [caption id="attachment_245014" align="aligncenter" width="789"] Pisanello: Madonna tra i santi Antonio Abate e Giorgio (1445 circa, National Gallery di Londra)[/caption] Proprio perché il figlio era guarito da quella malattia, un certo Gaston de Valloire poco dopo il Mille decise di costruire un hospitium e di fondare una confraternita per l'assistenza dei pellegrini e dei malati presso Arles, in Provenza. Confraternita che si trasformò nell'"Ordine Ospedaliero dei canonici regolari di Sant'Agostino di Sant'Antonio Abate", detto comunemente degli Antoniani. A loro, grazie alle cure offerte negli ospedali che conducevano a cominciare dal grasso di maiale che guariva l'herpes, si deve l'enorme diffusione del culto antoniano. [caption id="attachment_245011" align="aligncenter" width="782"] Piero di Cosimo: Visitazione con san Nicola e sant'Antonio abate

Il 16 gennaio la Chiesa commemora San Marcello. Romano, vissuto ai tempi di Diocleziano e Massenzio (III-IV secolo) forse, nonostante leggende che lo riguardano, non fu né papa, né martire, né condannato ad accudire i cavalli nella stazione di posta in cui era stata trasformata la sua chiesa. Sia come sia, fu adottato come patrono dagli stallieri. "Un gn'è un caval che corra, che un ent ch'un arriva", non c'è un cavallo che corra, che un altro non lo superi. Oggi fatichiamo a immaginare il ruolo che ebbe il cavallo fino a ieri. Il culto dell'automobile e della moto solo lontanamente rispecchiano la simbiosi che l'uomo aveva imposto al quadrupede, subendone a sua volta il fascino inarrivabile. E un'infinità di profonde, e ovvie, saggezze erano basate su immagini equestri.  "Caval bienc, la dona senza fienc, la tera dri e fiom, pataca chi la to", cavallo bianco, donna senza fianchi, terra vicino al fiume, coglione chi li prende! secondo Quondamatteo, "tutte cose dalle quali stare lontani".  "E' caval bon l'ha da murì t la stala", il cavallo di razza deve morire nella stalla, a riprodursi, e non al mattatoio. "Per andè a caval u j vo i sprun", per comandare ci vuole grinta, perché il

Il 16 gennaio del 1961 il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi firma il decreto che attribuisce alla Città di Rimini la Medaglia d'Oro al Valor Civile, come si legge nella lapide apposta sotto i portici del Municipio: Rimini dal primo novembre 1943 fino al 21 settembre 1944 subisce 388 bombardamenti aerei e 14 navali, che la radono letteralmente al suolo e distruggono larga parte del patrimonio monumentale e artistico. Il 35% dei fabbricati è scomparso, il 40% lesionato, intatto appena il 2%. Quando poi il fronte della guerra raggiunge la città, il centro non è teatro di combattimenti, ma è tutto il suo circondario a diventare campo di battaglia. Dal 2 al 21 settembre passa tristemente alla storia il sangue versato a Coriano, Croce, Passano, San Savino, Riccione e soprattutto Gemmano e Montecieco. Le truppe greche entrano a Rimini quando quelle tedesche l'hanno già evacuata, ma per formare l'ennesima linea della loro "difesa mobile" oltre il Marecchia. Resistono a Montebello e Torriana, per poi arretrare ancora combattendo, mentre anche il maltempo ritarda l'avanzata degli Alleati. E ormai l'inverno incombe. [caption id="attachment_186815" align="aligncenter" width="805"] Quel che resta di Gemmano dopo i combattimenti[/caption] La "battaglia di Rimini", fu il tentativo da parte degli Alleati ("Operazione Olive") di sfondare definitivamente la

  "Questa mattina si dovevano cominciare i lavori per dare pane ai poveri braccianti. Ma essendo venuto un numero troppo grande di essi dalla campagna e dai Comuni vicini, i lavori non si sono cominciati". Così Filippo Giangi nella sua Cronaca riminese. I lavori in questione dovevano farsi in "piazza del Corso", l'attuale piazza Malatesta. Ed erano le opere di contorno alla costruzione del nuovo teatro progettato da Luigi Poletti, la cui costruzione era iniziata nel fin dal 1843. Significativo che tali opere pubbliche rappresentassero quelli che oggi diremmo interventi di welfare: la priorità era "dare pane ai poveri braccianti"; ma ne erano arrivati fin troppi e anche questo la dice lunga di quali fossero le condizioni della popolazioni rurali. Qualche giorno dopo, il 18 gennaio, i lavori riescono finalmente a partire. Sempre il Giangi: "Si è cominciato il terrapianamento della piazza del Corso intorno al nuovo teatro". E il cronista commenta, a suo solito non avaro di grettezza: "Il Comune fa una spesa ingente sproporzionata al merito dell'opera, perochè quando paga il Comune niuno si fa coscienza di lavorare. L'esito di questi lavori è stato che venissero pessimamente eseguiti, presto finirono, e non si raggiunse lo scopo di dare pane ai nostri, perché circa 600 vennero da fuori,

Il 15 gennaio la Chiesa commemora San Mauro abate, uno dei primi seguaci di San Benedetto (VI secolo). Il fondatore dell'ordine lo inviò in Gallia, dove è ancora molto venerato e ha dato nome a parecchie città, fra cui Saint-Maur-des-Fossés, gemellata con Rimini. "Sen Mevri marchent ad niva", San Mauro mercante di neve, osservavano sconsolati i nostri nonni. Un tempo non c'erano case riscaldate e tessuti testati al Polo Sud per difendersi da "un fredd che fa casché la coda mi chen", un freddo che fa cadere la coda ai cani. [caption id="attachment_129819" align="aligncenter" width="782"] Il "nevone" del 1929[/caption] Ma i cambiamenti climatici si notano perfino nei proverbi e nei modi di dire. Oggi un Gianni Quondamatteo ben difficilmente avrebbe potuto praticare uno dei giochi della sua infanzia nel Borgo Marina di Rimini: "Fè la léssa: Oggi si va Cortina, o al palazzo del ghiaccio. Una volta si aspettava il gelo dell'inverno, o si provvedeva, nelle serate fredde, a gettare secchi d'acqua sulla strada per avere, all'indomani, una specie di pista gelata. E così si praticava lo sport dla léssa". Ai nostri giorni "la liscia", a parte i perniciosi effetti sulla circolazione stradale, a Rimini riuscirebbe a formarsi a solo in pochissime nottate durante

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