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La qualità della vita secondo Italia Oggi e Sole 24 Ore

A dire il vero eravamo un po' tutti in ansia, preoccupati che questo 2023 si chiudesse senza averci deliziato di entrambi i consolidati e gustosissimi sondaggi che ogni anno “fanno le bucce” alle 107 province di cui è composto il Paese (pardon, “la Nazione”, altrimenti la Meloni ci rimane male), scoprendo e propagandando il grado di “qualità della vita” che si annida in ognuna di loro. Sì, perché giunti oramai a dicembre, fino a pochi giorni fa l'Italia non era stata ancora “sondaggiata” con la dovuta puntualità da “Il Sole 24 Ore” e Italia Oggi, che se la son presa comoda, tardando così qualche mese a mettere ciascun Italiano nella condizione di sapere con esattezza quanta “qualità della vita” sia in grado di fornirgli la sua collocazione anagrafica. Ma almeno Italia Oggi si è finalmente data una mossa. Per poter conoscere con assoluta precisione quel dato sarebbe tuttavia opportuno disporre del responso di entrambi i blasonati quotidiani economici, onde poter poi calcolare “la media”, come succedeva nella pagella scolastica ai miei tempi. Prendiamo il caso di Firenze, giudicata quinta da Italia Oggi. Se per Il Sole tornasse a risultare terza come lo scorso anno, rispettando la matematica non potrebbe che portarsi a casa

E dopo la vittoria di Daniela Angelini al Consiglio di Stato la Lega di Riccione resta sola

"I pifferi di montagna andarono per suonare e tornarono suonati". Peccato che Riccione sia “la Perla Verde dell'Adriatico”, altrimenti quel conosciutissimo proverbio si sarebbe potuto perfettamente abbinare alla “sganasciata” che i legaioli si sono presi dal Consiglio di Stato, la cui sentenza ha ridicolizzato la loro insensata goffaggine istituzionale. Chiedendo scusa agli amici della Lipu, segnalo che resta però la possibilità di usarne un altro, almeno a giudicare da come la stampa riporta il modo con cui i salviniani locali vanno commentando il tremendo “liscio e busso” appena subito: «Uccellin che canta in gabbia non canta per amor, canta per rabbia». Per di più i tapini sono costretti ad arrovellarsi in totale solitudine, dal momento che perfino gli alleati si guardano bene dall'esprimere loro una sia pur formale vicinanza. Fratelli d’Italia ci ha tenuto infatti a ricordare che «noi non abbiamo sostenuto il ricorso al Tar», aggiungendo inoltre un garbatissimo «rispettiamo la sentenza e auguriamo al primo cittadino buon lavoro». Non pervenuta invece Forza Italia, la cui silenziosità politica è oramai diventata consuetudine da quando Mignani, fino a ieri suo leader, ha assunto la funzione di “Fratello d'Italia congiunto”. Naturalmente è toccato alla cicisbea Elena Raffaelli provare con la sua sintattica stizzosità, come si

Il generale omofobo si sente discendente di Giulio Cesare il bisessuale e di Enea il profugo sul barcone

Non bastavano le oramai frequenti comparsate a Rimini della Meloni e di Salvini ad offrire un borioso trastullo ai più malmostosi dei loro fan, ci voleva qualcosa di più. A questo ha provveduto l'editore riminese Adolfo Morganti, noto, oltreché per le sue attitudini professionali, per non essere a tutt'oggi ancora riuscito a rassegnarsi al “sopruso risorgimentale” che ha sottratto la Legazione delle Romagne al dominio del Papa Re. Di qui l'ammirazione che s'è conquistato da quei pretoni coi sottanoni che irridono il Concilio Vaticano II continuando ad officiare le funzioni religiose in latino, nel mentre rivolgono le terga ai fedeli, per non dar loro un'indebita confidenza. Bisogna riconoscere che Morganti è stato davvero bravo a mettere per primo gli occhi sulla “gallina dalle uova d'oro” Vannacci. Anche se avrà dovuto turarsi un po' il naso, per la fatica di riuscire a conferire una “parvenza letteraria” a quella che di primo acchito deve essergli parsa una ciofeca editoriale, almeno stando alle sue parole: «Non credo che il libro di Vannacci passerà alla storia della letteratura. L’ho trovato un libro disastroso (

Un'amicizia nata nel 1965 e mai venuta meno (anche se mi fece abbandonare il pallone)

Prima ancora che come Assessore del PCI, nel 1965 avevo conosciuto Cagnoni allenatore del Viserba Calcio. Dopo aver giocato con alterne fortune nella Sanges di Don Pippo e Don Valerio, grazie al contributo finanziario di Don Angelini, Parroco di San Fortunato, l'anno prima avevo “fondato” insieme a Bruno Frisoni L'Olympic, destinata poi a diventare il “sacco delle botte” nel campionato Juniores. Ma pure se sconfitti, disputammo proprio a Viserba una delle nostre migliori partite, l'ultima di campionato. Al punto che alla fine il dirigente accompagnatore della squadra locale propose ad alcuni di noi di tornare di lì a qualche giorno per un “provino”. Fu in quell'occasione che vidi per la prima volta Lorenzo Cagnoni, di cui non solo a Viserba si sentiva molto parlare per i successi della squadra sotto la sua guida. Nella partitella che ne seguì segnai due gol, per cui quando alla fine lui mi fece un cenno serioso di avvicinarmi, mi aspettavo di ricevere dei complimenti. Invece mi chiese a bruciapelo quanto pesassi e alla mia risposta aggiunse: “Allora devi perdere tre chili”. Cosicché nei due successivi allenamenti dovetti fare solo dei gran giri di campo, senza toccare il pallone. Fu così che mi rassegnai a lasciar perdere le velleità

E quale qualifica bisognerebbe dargli nella targa dell'intitolazione?

Premetto che se qualcuno mi desse del perbenista, o peggio ancora del moralista, gli risponderei per le rime. Dopodiché aggiungo di aver letto, a poca distanza di tempo l'uno dall'altro, i due articoli usciti domenica in riferimento all'eventuale intitolazione di una via a Zanza. Uno è di Bonfiglio Mariotti, che sul Carlino ha espresso un convinto diniego; mentre Gibo Bonizzato, su questa testata, si è invece mostrato ampiamente possibilista. Per una di quelle impreviste sorprese che ogni tanto capitano nella vita, devo dire che sono pienamente d'accordo con Mariotti, che pure dei due mi è il più distante culturalmente. Come dicono a Napoli,“Ogne scarrafone è bell'a mamma soja”. Dunque comprensione e rispetto per l'uscita con cui la madre di Zanza ha chiesto quell'intitolazione al figlio, di cui continua inevitabilmente a soffrire la perdita. Certo, la cosa fa discutere, anche se non si trova alcun riscontro dei “racconti giornalistici” sulla «Rimini che si divide», o sul «dibattito infuocato che si è scatenato sulla proposta di intitolare a Zanza una via o una rotonda». Anche perché, diciamo la verità: se oggi partisse un sondaggio con la domanda “Vuoi tu intitolare una via o una rotonda a Zanza?” il risultato, numero più numero meno, darebbe un 10% di “sì”,

E sono le stesse cose scritte da Giorgia Meloni nel libro firmato assieme ad Alessandro Meluzzi

All'inizio si poteva sospettare che il mondezzaio di oscenità fascistoidi, razziste, omofobe e tant'altro, contenute nel libro di un generale che incredibilmente ha funzioni di comando nell'Esercito della nostra Repubblica democratica, fosse frutto del suo solitario “andar via di testa”. Dalla solidarietà, via via crescente, ricevuta nei giorni immediatamente successivi s'è invece capito come quell'individuo, forte della sua divisa, fosse stato mandato in avanscoperta, a mo' di coglioncione. Da chi? Da un bel fascio di Fratelli d'Italia, con l'aggiunta di altro generico cascame di estrema destra, più Sgarbi e Salvini, tutti uniti dallo scontento per le evidenti finzioni neo-moderate in cui si sta esercitando con pacchiano impegno la Meloni. Ma siccome alla cretineria non c'è mai fine, ecco aggiungesi ai difensori del Vannacci nientepopodimenochè il “comunista ridolini” Marco Rizzo: «Altro che frasi omofobe, il generale fatto fuori per le sue idee sull’uranio». Adottando il “parlare a nuora perché suocera intenda”, è un po' come se sotto sotto le stessero dicendo: “Guarda che gran parte di nostri elettori ti ha votata perché fino a ieri non ti vergognavi di far vedere che la pensi come quel Vannacci lì. Attenta a fare troppo la signorinella accomodante sia col Quirinale che con Bruxelles, perché Alemanno

Si devono accontentare di rimanere “fascisti dentro” ma ogni 2 agosto qualcosa devono pur mistificare

Lì per lì anch'io, credo come tanti, mi sono divertito a confrontare queste due foto che testimoniano di un così diverso quantitativo di truculenta imbecillaggine fascista accorsa a Predappio in momenti diversi, a festeggiare il compleanno del suo truce pelatone: sopra il foltissimo gregge degli anni passati, sotto il disorientato gruppuscolo di sfigati ritrovatisi lo scorso 30 luglio. Ma a ben pensarci c'è poco da essere allegri, perché una così marcata diminuzione di mondezza a Predappio non è frutto dell'insorgenza di imbarazzi e men che meno di ripensamenti. Corrisponde invece al disegno ben preciso di tanti neofascisti che, per non far danno alla Meloni ed ai camerati che sono con lei al governo, hanno capito di doversi accontentare di rimanere “fascisti dentro”, sforzandosi di non darlo più a vedere. Cosicché l'unico saluto romano che si concederanno sarà d'ora in poi quello ai familiari, uscendo di casa al mattino. Tuttavia le cronache evidenziano come non siano pochi coloro che faticano rassegnarsi ad un simile cedimento finto-democratico, da loro considerato una vera e propria diserzione. La ricorrenza della strage fascista del 2 agosto (io, come si dice, “l'ho scampata per miracolo”) ha così fornito a taluni di costoro l'occasione per ostentare la turpitudine di

Mattarella: «Il cambiamento climatico è la sfida chiave del nostro tempo». Ma il leghista: «Basta con i catastrofisti del cambiamento climatico»

«C'è gente che parla per riempire il vuoto della sua intelligenza» (Alda Merini) Come si sa, la Giunta di Renata Tosi è riuscita, un attimo prima di togliesi di mezzo, a consegnare l'ultimo infausto regalo a Riccione, defenestrando dai seggi elettorali del 2022 tanti capaci presidenti e scrutatori di lungo corso, sostituiti da una claque di più fidati pasticcioni, autori di casini risoltisi in un furto alla maggioranza di centrosinistra, uscita vincitrice con un vantaggio di più di duemila voti sulla destra. Anziché vergognarsi per aver contribuito ad arrecare un simile danno alla sua città, la cicisbea Raffaelli se n'è uscita col dire «meglio andare avanti così». Per questa legaiola dall'eloquio raccogliticcio è dunque preferibile che a dirigere il Comune sia una presenza che, pur con il dovuto rispetto istituzionale, può ben dirsi estranea alla città e catapultata da chissà dove, piuttosto che una Sindaca eletta democraticamente. Ma forse non è Elena Raffaelli la più assatanata nemica del democratico responso elettorale dello scorso anno, perché fra i salviniani e i meloniani della Perla Verde c'è sicuramente chi avrebbe preferito addirittura il Podestà e ora fa fatica ad accontentarsi del Commissario prefettizio. La strigliata di Morrone a Mattarella Nel corso della recente “Cerimonia della consegna del

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