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E Nando Piccari riconosce i meriti di Giorgio Ciotti, “l'uomo dalle simultanee contrapposizioni”

E Nando Piccari riconosce i meriti di Giorgio Ciotti, “l'uomo dalle simultanee contrapposizioni”

Astenersi alle elezioni per il Parlamento, la Regione o il proprio Comune è uno sfregio alla democrazia, è la diserzione da un diritto individuale che costituisce nel contempo un dovere civile. Perché, al contrario di quanto vuol far credere certa becera predicazione qualunquista, a chiamarti al voto non sono i partiti, ma la Repubblica Italiana. I partiti ti propongono sia programmi che candidati e se né gli uni né gli altri ti soddisfano non ti arrendi, vai comunque al seggio e depositi nell'urna una bellicosa scheda bianca, che in quanto atto di protesta è cento volte più efficace dell'astenersi. Vuoi mettere, per esempio, quanto sarebbe più dirompente verso i partiti un risultato del tipo: “Aventi diritto al voto 45 milioni, votanti 29 milioni, ai partiti 28 milioni, schede bianche 1 milione”, rispetto a quello: “Aventi diritto al voto 45 milioni, votanti 44 milioni, ai partiti 28 milioni, schede bianche 16 milioni”? Ben diversa è la considerazione rispetto al referendum. A proporre – legittimamente, sia chiaro – il quesito referendario può provvedere, come di norma avviene, anche una simbolica minoranza di elettori (500 mila, pari a poco più di 1,5%), se non addirittura il voto della maggioranza consiliare di sole 5 Regioni, vale a dire

Ma come si fa a non capire che Salvini aspira solo ad essere riconosciuto come un pacioso paciere pacificatore? I quotidiani di ieri riportavano la notizia secondo cui Putin a marzo sarebbe scampato ad un attentato, mentre avrebbe tuttora un cancro che a breve potrebbe portalo a raggiungere il suo degno precursore Hitler. Se c'è chi intenda rammaricarsi per la prima delle due notizie e gioire per la seconda, lo scongiuro vivamente di non farlo, per doveroso rispetto verso Salvini, che poveretto sta da un po' di tempo in qua testimoniando quanto sia vero che se comincia a correrti dietro la sfiga, pian piano gira il vento e non te ne va più dritta una.. Diventato il 1º giugno 2018 Ministro dell'Interno e Vicepresidente del Consiglio, dopo una prima fugace apparizione al Viminale aveva subito iniziato a girare in lungo e in largo l'Italia, impegnatissimo a riscuotere il consenso di frotte di cocaloni estasiati dalle sue gesta. I più truculenti gli facevano il coro nel maledire gli immigrati. Quelli super-cazzuti lo ammiravano vedendolo brandire una mitragliatrice, un revolver o addirittura un micidiale fucile a pompa. Ai più delicati d'animo pareva quasi di condividere con lui le fetta di pane e Nutella che sui

Credo sia naturale, per chi ha intersecato decenni della propria esistenza con quella del Partito Comunista, provare una particolare emozione ricordando Enrico Berlinguer nel centenario della nascita. Ho ancora ben presente la sua prima partecipazione a Tribuna Elettorale, mi pare in vista delle elezioni del 1968. Una partecipazione sorprendente, poiché fino ad allora le poche occasioni televisive dell'epoca vedevano la presenza di dirigenti comunisti storici, di consolidata notorietà. Ma bastarono poche altre analoghe apparizioni a mettere in risalto “l'efficacia televisiva” di quel suo ragionare privo di appesantimenti retorici, facilmente comprensibile anche a chi non avesse una gran dimestichezza con la politica. Nel gennaio del 1980, eletto nel frattempo Segretario del PCI riminese, sto uscendo da una riunione tenuta a Botteghe Oscure da Napolitano quando mi sento chiamare «Berlinguer ti vuole vedere». È Antonio Tatò, che di Berlinguer è stato lo storico segretario particolare. Sul momento penso mi abbia scambiato per il segretario di una ben più importante Federazione: «Ma guarda che io sono il Segretario di Rimini». E lui: «Proprio per questo che ti deve parlare». Così lo seguo, emozionato e incuriosito. Berlinguer mi comunica la decisione di partecipare al Conferenza Nazionale della FGCI in programma a Rimini dal 7 al 10 febbraio, che

Alcune considerazioni sorte sfogliando qua e là i giornali di questi giorni. «Solo per fortuna mio figlio è riuscito a evitare il calcio immotivato di un vigile». «Mio figlio mi ha detto che si trovava a passare di lì perché invitato da amici e che non aveva la più pallida idea di chi fosse quell'uomo». «Mio figlio è tornato a casa tremante e piangendo». Quando sul primo dei due quotidiani locali ho iniziato a leggere l'indignato turbamento che quella madre aveva affidato al pollaio dei social, lì per lì mi son detto: “Povero ragazzo! E che incosciente il vigile! Colpendogli con un calcio la moto e magari anche lo stinco, ha rischiato di provocare un dramma. Andrà punito come merita!”. Continuando nella lettura dell'articolo e guardando le immagini allegate, si evidenziavano però tre cose. La prima: gli “amici” che secondo la madre averebbero invitato in quel luogo l'inconsapevole suo figliuolo, altro non erano che un campionario degli idioti che in via Lama, come da altre parti della città, si cimentano in gare clandestine a loro immagine e somiglianza, per lo più a bordo di moto truccate, rischiando come già è successo di finire all'ospedale, o purtroppo talvolta al cimitero. La seconda: per ovvie ragioni di

«Un Fantasma si aggira per l'Europa, è lo spettro del Comunismo». Come noto fu questo l'incipit, in realtà non proprio accattivante, che Karl Marx e Friedrich Engels scelsero di dare al loro “Manifesto del Partito Comunista”, pubblicato nel 1848. Per parecchio tempo quel fantasma ha effettivamente girovagato in lungo e in largo, arrecando sia danni che benefici agli uomini e alle donne del Vecchio Continente. Ma da diversi anni non ve n'è più traccia, neppure in Italia, se non nella fantasia bacata dei seguaci di quattro o cinque carnevaleschi partitini comunistini che continuano imperterriti a evocarlo, nel mentre se la battono con i neo-nazifascisti e con alcuni coccolati ospiti televisivi di Massimo Gilletti e di Bianca Berlinguer nella gara a chi sia il più coerente nel mostrarsi putiniano (o puttaniano? Non mi ricordo mai come si scrive

Non c'è bisogno di essere animalisti della LIPU per aver provato rabbia ed emozione leggendo di quel ripugnante idiota che il 10 marzo s'è divertito a prendere a bastonate una stupenda oca che era diventata, al pari della sorella, la simpatica mascotte del Parco Fluviale del Marano. Dove veniva coccolata dai frequentatori di quell'angolo di verde, in particolare dai più piccoli, giocando con i quali regalava e riceveva dolcezza e allegria. Massacrata dalle randellate che le avevano provocato gravi deficit neurologici, dopo alcuni giorni di agonia la poverina non ce l'ha fatta a sopravvivere. C'è da immaginare con grande gioia del suo disgustoso carnefice, che quel giorno non aveva potuto portare a termine “il lavoro” perché costretto a darsela a gambe dalle urla di chi assisteva alla sua odiosa esibizione. Certo, particolarmente in questi giorni assistiamo a ben più terribili atrocità di quella messa in atto da questo ignobile imbecille. Ma si può scommettere che la differenza fra lui e i massacratori di esseri umani sia solo dovuta alle circostanze e alle occasioni. In altre parole, non è azzardato pensare che se quello squallido individuo si trovasse ad avere in mano un mitra anziché un bastone, e gli fosse garantita “l'impunità del

L'altro ieri, al bar, due clienti commentavano l'aggressione russa all'Ucraina. Ad un certo punto uno dei due se n'è uscito con: “Se ci fosse qualcuno disposto a far fuori Putin a pagamento, giuro che organizzerei una colletta”. Lì per lì confesso di aver pensato che in tal caso ben difficilmente sarei riuscito a non essere pure io fra i sottoscrittori. Poi però mi sono ravveduto quasi subito, pensando anche a quanto ci sarebbero rimaste male le “anime belle” che in questi giorni si affannano a gridare ai quattro venti che ciò che serve non è mettersi a disquisire su chi abbia torto e chi ragione, ma è la foglia di fico della mediazione diplomatica super partes. Non stanno forse in guerra anche gli Ucraini, esattamente come i Russi? Dunque “pari sono” e per questo aiutarli a salvare con le armi qualche ospedale, un po' di donne e di bambini e magari anche la centrale nucleare, sarebbe dar loro un vantaggio che alimenta la guerra e va contro la pace. Certo, il drappello dei “pacifisti a costo zero” presenta varie sfumature, due delle quali sembrano riesumate pari pari del passato. Una è l'ala troglodita degli eredi del “neutralismo” anni '70, “né con lo Stato né con

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